Il 21 settembre le primarie del Pd

Il 21 settembre le primarie del Pd

L'accordo, ma sarebbe meglio parlare di compromesso, viene raggiunto ben prima che il lungo dibattito si consumi. Lontano da occhi indiscreti, in una stanzetta dell'hotel Lamezia, Franco Laratta, Nicodemo Oliverio, Ciccio Sulla, Nicola Adamo, Sandro Principe, Nico Stumpo e Seby Romeo riescono a evitare all'ultimo minuto una frattura che avrebbe potuto avere effetti nefasti per il Pd calabrese. Il dato certo è che la scelta del candidato a governatore del centrosinistra verrà affidata alle primarie, da celebrare domenica 21 settembre.


Tale data tiene conto di un presumibile svolgimento delle elezioni regionali per metà settembre. Non si sa se si procederà con le primarie regolate da legge perché i dubbi da sciogliere, non ultimo quello relativo ai costi della competizione che sarebbero a carico della Regione («noi non vogliamo sprechi» Perugini dixit), sono diversi. In ogni caso, i democrat chiedono al presidente del consiglio regionale di convocare nuovamente l'assemblea per deliberare la proroga dei termini per la presentazione delle candidature (dal 4 al 23 luglio) e la nomina del collegio regionale di garanzia elettorale. Ma non mancano i distinguo. Come quello marcato dal segretario Ernesto Magorno che parla di «bluff» quando nella sua relazione parla delle primarie indette dal presidente della giunta regionale. Ma comunque vada, saranno primarie.

Già, perché se dovesse fallire il tentativo di consultazioni istituzionalizzate – cosa molto probabile dopo che il presidente facente funzioni della giunta Antonella Stasi ha bocciato ogni ipotesi di modificare il timing messo a punto nelle scorse settimane –, le primarie saranno organizzate autonomamente dal Pd e dagli altri partiti del centrosinistra. A tal proposito è stato dato mandato alla direzione regionale per redigere il regolamento della competizione entro l'11 luglio. Fin qui gli aspetti perlopiù burocratici. Altro conto sono le divergenze politiche, che resistono tutte nel partito. Con Magorno che insiste sulla necessità di «coniugare unità e rinnovamento» (in sala più di uno scommette che il riferimento è ad Ernesto Carbone e Massimo Canale), e Mario Oliverio a ricordare che lui dal campo non intende uscire. E a giudicare dagli applausi che scandiscono ogni passaggio decisivo del suo appassionato intervento verrebbe da dire che il presidente della Provincia di Cosenza può contare su un nutrito blocco di sostenitori. Il fatto è che in politica non si vince (solo) con l’entusiasmo e la partita è ancora tutta da giocare. Oliverio, intanto, qualche punto fermo lo piazza. Come quando parla dell'accordo di Caposuvero del 2010 (dove trovarono fortuna molti dei suoi sponsor di oggi), definendolo «un passaggio negativo al quale io mi opposi». E a chi nel partito tenta di ostacolare la sua corsa verso Palazzo Alemanni riserva parole di fuoco: «Non ci possono essere condizionamenti da parte dei vecchi rimestatori, mesi fa ho avvertito Guerini e Minniti della volontà di fare qualcosa per la Calabria». Poi, rivolto a Magorno usa altrettanta durezza: «L'unità bisogna costruirla e non declamarla. Nessuno ha titolo per sfilarsi e gettare la croce sugli altri. Le primarie consentono di portare a sintesi un percorso e se chi perde dovesse sottrarsi sarebbe la fine. Io mi sono messo in campo e non l'ho fatto oggi». L’abbraccio che Lorenzo Guerini gli riserva sotto lo sguardo impassibile di Magorno sembra una sorta di investitura. In realtà, fanno notare nel fronte renziano, la partita è tutta da giocare. Demetrio Naccari Carlizzi, un altro di coloro che aspira a guidare la coalizione, ci prova a dare un po’ di verve a un’assemblea il cui clima sembra da resa dei conti. Parla del «fallimento del modello Reggio e dei disastri della giunta Scopelliti», Naccari. Lo fa per spingere il partito non rinchiudersi su se stesso e guardare con fiducia ai prossimi appuntamenti.

In platea i colonnelli attendono le parole di Guerini, il plenipotenziario di Matteo Renzi a cui è stata affidata la gestione del caso Calabria. Mario Maiolo fa appena in tempo a ricordare che «non tutto è da buttare» perché alle europee «il Pd ha dimostrato di esserci». Massimo Canale richiama tutti: «Abbiamo allo stesso tempo l’onere dell’alternativa e il dovere dell’unità». Il non detto è che senza una discontinuità profonda c’è il rischio di non riuscire a intercettare il messaggio di cambiamento che Renzi a Roma sta dimostrando di saper interpretare. Quanto a Guerini, non c’è la chiusura col botto. Il vicesegretario nazionale del Pd si limita a ripetere quanto sostenuto nelle riunioni che si sono succedute al Nazareno nel corso delle ultime settimane: «Noi non influenzeremo la decisione dei calabresi, quindi non ci sarà nessun papa nero. Decideranno i calabresi. Le primarie il Pd le celebra perché le ritiene un valore per il nostro partito, tenendo ben presenti i nostri princìpi cardini che sono unità e rinnovamento inteso come innovazione». La sensazione è che su questa strada ci sarà ancora molto da lavorare. 

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