Umberto Zanotti Bianco, la sua storia troppo spesso dimenticata. Chi era e perché manca a questa terra

Umberto Zanotti Bianco, la sua storia troppo spesso dimenticata. Chi era e perché manca a questa terra

Umberto Zanotti Bianco nacque nell’Isola di Creta nel 1889 da madre inglese e da padre italiano, un diplomatico. Laureato in Legge a Torino, dove conobbe Piero Gobetti (collaborerà a “Rivoluzione Liberale”), fondò nel 1910 l’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia e nel 1920 la società archeologica “Magna Grecia”. Sociologo, archeologo, scrittore, studioso dell’Italia Meridionale, ha scritto “L’Aspromonte Occidentale (con Giovanni Malvezzi), “Il martirio della scuola in Calabria” e un libro testimonianza “Tra la perduta gente”.
Antifascista, inviato al confino, nel dopoguerra fu presidente della Croce Rossa e, nel 1952, fu nominato Senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, per “avere illustrato la patria con altissimi meriti nel campo sociale e scientifico”.
Giovanissimo entrò in contatto con Antonio Fogazzaro, con il quale intrattenne una corrispondenza sui temi del Cristianesimo, e che spinse lui e altri giovani a intervenire nell'opera di soccorso agli abitanti di Reggio Calabria e Messina dopo il terremoto del 28 Dicembre 1908
E fu proprio in questa occasione che Umberto Zanotti Bianco, rimase per tutta la sua vita legato ai problemi della Calabria.
Nel 1928 si recò ad Africo per conto dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno e, oltre all’inchiesta, scrisse anche un racconto, una sorta di testimonianza (uscita a distanza di trent’anni), dove iniziò col raccontare la vita sociale degli abitanti di questi paesi, soprattutto del sempre più spopolato (in seguito al devastante terremoto) paese di Africo Vecchio.
Descrisse da subito la situazione che vedeva parecchi bambini non battezzati e i morti portati come semplici carogne al cosiddetto cimitero affidato alle pecore ed ai maiali. Parlò della Chiesa quasi cadente, priva di finestre, piena di buche e fango, in balia degli animali. Quel popolo poi, arretrato, degradato, uniti senza matrimonio ecclesiastico e spesso neanche civile. Vivevano in vere tane di circa 8 o 10 metri quadrati di area, albergavano e dormivano quasi assieme, genitori, figli, pecore, galline, e maiale. L’igiene non sapevano cosa fosse, racconta Zanotti Bianco, di conseguenza le malattie invadevano e soggiornavano senza tregua. Ci parla di come le loro vesti erano stracci penzolanti, di come non potendo sedere in casa, priva di sedie e spazio, si trovavano costretti a soggiornare ai lati delle viuzze piene di fango. Poveri, infelici e per di più senza medico né medicine. La miseria, insomma, regnava sovrana.
Umberto Zanotti Bianco, esile e biondo, alto ed elegante, fragile eccetto che nella volontà, pareva ancora più straniero tra i calabresi dell’Aspromonte, come erano raffigurati dalla tradizione. “Lavorare, non disperare” era il suo motto, ed infatti piantò la sua tenda alla periferia di Africo ed iniziò a lavorare con pazienza e ardore. Figlio del Risorgimento, si batté per formare dei cittadini e per migliorarne la loro vita. Studiò dal vivo e con umiltà i problemi del paese, si preoccupò delle tasse e prese nota delle situazione economiche e sanitarie di ogni singola famiglia, si prese cura dell’asilo, della scuola, delle case.
Il terremoto del 1908 era stato tragico e rovinoso. Su 135 case di Africo soltanto 15 erano rimaste intatte, 20 crollate, 30 distrutte in parte, le altre lesionate. La popolazione viveva come poteva, spesso rintanata tra le rovine, gli anfratti facevano da casa. La scuola non era in condizioni migliori. Le aule erano sconquassate baracche in uno stato deplorevole.
Da Bova Marina erano necessarie otto ore di mulo per arrivare a Casalnuovo e poi un’altra ora di cammino a piedi attraversando anche un torrente.
Fece centinaia di chilometri a piedi, fu interlocutore del parroco, frate Attanasio, e del commissario prefettizio, ma lo fu soprattutto dei montanari, delle donne, delle suore, dei bambini, dei pastori. Durante le sue innumerevoli visite ricevette anche degli insulti destinati al governo, entità metafisica incombente e nemica oppure assente ed ostile che si materializzava anche in lui (l’ultima volta che il governo si era adoperato in modo benefico ad Africo era stato quando, per riuscire a catturare il brigane Musolino, latitante sull’Aspromonte, erano stati portati i pali e i fili del telegrafo).
Zanotti Bianchi faticò a far capire che lui non era il rappresentante dello Stato, ma solo uno strumento di buona volontà, un portatore di solidarietà civile e che aveva scelto di andare a vedere e a sentire per poter denunciare lo scandalo e coloro che ne avevano la responsabilità.
Convinse l’amico Manlio Rossi Doria, a rifare il catasto del paese, spedì in tutto il mondo innumerevoli pacchetti contenenti il pane di Africo, bussò a moltissime porte in Italia e fuori e riuscì a raccogliere il denaro che serviva.
Riuscì nell’intento e nell’impresa.
Purtroppo oggi ad Africo Nuovo non è facile trovare chi lo può ricordare, quel giovane alto e biondo che pareva un inglese. Ma qualcuno, informato su questa storia, potrebbe pregare affinché il prima possibile, un Zanotti Bianco qualsiasi possa tornare da queste parti.

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