I movimenti dei popoli. L'immigrazione come risorsa.

I movimenti dei popoli. L'immigrazione come risorsa.

"Qui non possono dormire nemmeno gli animali”, questa frase me la porto dentro da quella mattina fredda del Gennaio dello scorso anno a Rosarno, è stata pronunciata da un giovane bracciante africano guardandomi negli occhi e indicando quello che era il suo “alloggio”. I suoi occhi, come anche quelli di tutti quei ragazzi africani e di tutti i migranti, avevano un altro sguardo, quello di chi viene da fuori in cerca di lavoro, di libertà, di un futuro e lo fa mettendo in gioco la propria vita. Uno sguardo su di noi e sul nostro Paese che ci attraversa come una lama, ma che racconta di noi, di quella che è diventata l’Italia, del nostro presente.

Le terre di Rosarno, per esempio, basta visitarle, anche ora, dopo la rivolta da parte dei ragazzi africani di pochi anni fa, che ha visto fuggire da Rosarno molti di loro, quelle terre contengono testimonianze, fotogrammi e immagini sugli incredibili viaggi dei “dannati della terra”, sullo sfruttamento della manodopera, sui rimpatri coatti preceduti da veri e propri periodi di detenzione, sugli accordi tra i governi in spregio ai diritti umani.

Mi fa male riflettermi negli sguardi dei ragazzi africani che a Rosarno si sono ribellati alle disumane condizioni di vita, di lavoro e di sfruttamento imposte dalla ‘ndrangheta perché ci rimanda a un’Italia primitiva, violenta, ingrata, incapace di accogliere e di cambiare. Quel che è accaduto a Rosarno non riguarda solo Rosarno, non ci si può alleviare la coscienza pensando che sia responsabilità di quella comunità. Nella rivolta dei lavoratori immigrati è impossibile non ritrovare anche l’eco delle lotte dei braccianti del sud, ritornare alle radici dello sviluppo democratico del nostro Paese, a quel valore del lavoro che sta alla base del nostro patto costituzionale.

Il movimento dei popoli del sud verso il nord ricco del mondo è una delle esperienze è più dirompenti nella storia dell’umanità. Cambia la società, fa esplodere contraddizioni, modifica la scena del lavoro, ridisegna lo stato sociale e la stessa idea di cittadinanza. E’ un fatto ineludibile, inarrestabile col quale occorre sapersi confrontare senza cedere alla paura, alla criminalizzazione o nascondersi dietro la demagogia, ma costruendo politiche nuove.
Il nostro Paese non ne è stato capace, anzi, si è dato una dannosa e iniqua legislazione.

Credo semplicemente e con molta convinzione che, bisogna connettere le politiche culturali pubbliche ai grandi cambiamenti che riguardano la nostra vita individuale e collettiva.
La cultura ci è necessaria per mettere a fuoco un altro sguardo sul mondo e anche per ricordarci, come mi ha detto un ragazzo algerino nella stessa giornata invernale per me indimenticabile, che “un camion serve a trasportare merci, non esseri umani” e che siamo tutti incredibilmente e straordinariamente diversi, ma tutti ugualmente esseri umani.

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