Locride,droga a fiumi, dal Sudamerica per 'ndrangheta e Sacra Corona Unita.

Locride,droga a fiumi, dal Sudamerica per 'ndrangheta e Sacra Corona Unita.

REGGIO CALABRIA È stato un piccolo pacco di cocaina liquida a svelare l’imponente traffico internazionale di droga che questa mattina ha portato all’arresto di 29 persone. Sembrava un normale set di accessori da bagno, ma le cavità dei comuni oggetti di uso quotidiano erano state riempite di “neve” allo stato liquido, che in seguito alla raffinazione avrebbe consentito di ottenere 500 grammi di cocaina. Il pacco postale è stato rinvenuto all’aeroporto di Malpensa il 20 marzo 2010, proveniente dall’Argentina e con destinazione Africo Nuovo. Una scoperta che ha dato l’avvio alla maxioperazione “Revolution”, che ha permesso di confermare ancora una volta il controllo internazionale del traffico di droga da parte della ‘ndrangheta calabrese, che negli anni è riuscita a creare un filo diretto con i produttori del Sudamerica.
In particolare, le indagini hanno consentito la disarticolazione di un’associazione a delinquere ai cui vertici figuravano personaggi del calibro di Bruno Pizzata, in carcere dal febbraio 2011, e Francesco Strangio, membro di vertice dell’omonima cosca di San Luca. Due soggetti che costituivano l’“anello superiore” di un cartello che vedeva consociati i principali clan della costa jonica reggina e al quale aderivano anche esponenti della Sacra corona unita.
Le attività investigative sono state dirette dal procuratore capo facente funzioni della Procura di Reggio, Ottavio Sferlazza, dall’aggiunto Nicola Gratteri e dai sostituti Federico Perrone Capano e Francesco Tedesco. Fondamentale il contributo della Direzione centrale per i servizi antidroga e del Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio, supportati anche dal nucleo investigativo della Polizei des landes di Duisburg, a conferma del carattere transnazionale dell’operazione.

SEGUENDO IL PACCO
Dopo aver rinvenuto il pacco diretto ad Africo, la Dda di Reggio ha ordinato la sostituzione della cocaina con lidocaina (sostanza inerte che dà gli stessi risultati della droga in seguito a drop test) al fine di individuare i componenti dell’organizzazione internazionale. Le indagini hanno accertato lo stretto rapporto tra i broker della droga e i territori d’origine, in particolare San Luca, Bovalino e Africo. I narcotrafficanti potevano anche contare su basi logistiche dislocate a Milano e nel suo hinterland, in molte località italiane e fuori confine, come a Duisburg, Oberhausen e Dusseldorf (Germania), Amsterdam e Anversa.
Grazie a una telecamera posizionata davanti all’ufficio postale di Africo, gli investigatori hanno potuto identificare il destinatario del pacco contenente la cocaina liquida: cioè Geremia Maviglia, esponente del grado più basso dell’intera organizzazione insieme a Maurizio Maviglia, Francesco La Cava e Francesco Meduri. La seconda fase dell’operazione ha invece fatto luce sull’“anello intermedio”, composto da soggetti appartenenti alle cosche di Africo, come Sandro Bruzzaniti. Proprio quest’ultimo, insieme ai suoi “collaboratori”, nel 2010 ha trattato la vendita di cinque chili di coca con Vincenzo Zurlo detto “lo zio”, affiliato alla Scu pugliese che, malgrado sia paraplegico, operava con disinvoltura nel traffico di sostanze stupefacenti. Zurlo era a capo di un gruppo criminale nelle cui file militavano personaggi già noti alle forze dell’ordine, come Antonio Flore, Cataldo Tanzarella Tanzarella, Cosimo La Corte, Paolo Francesco Ungaro e Giuseppe Cantoro.  Gli arresti confermano la presenza di un solido collegamento tra gli “africoti” e la Sacra corona unita.

L’ANELLO SUPERIORE
Al vertice dell’organizzazione sedevano invece Bruno Pizzata e Francesco Strangio. È stata la terza fase delle indagini a consentire di identificare la struttura apicale dell’intero sistema criminale. Infatti la partita di cocaina destinata al gruppo pugliese doveva essere fornita proprio da Bruno Pizzata, un broker capace di trattare direttamente con i narcos sudamericani. Insieme a Francesco Strangio, il narcotrafficante era in grado di muoversi agevolmente in tutta Europa, grazie alle “basi” in Germania, Olanda e Belgio, e di fare arrivare ingenti partite di cocaina in tutti i porti del Continente, perfettamente occultate dentro navi container.
Il 21 gennaio 2011 uno di questi carichi è stato intercettato sulla nave “Star prima”, salpata dal porto colombiano di Santa Marta e approdata ad Anversa. Successivamente i militari del Gico, del Ros e il personale del commissariato 21 di Duisburg hanno chiuso le manette ai polsi di Pizzata, scovato a Oberhausen in una pizzeria gestita da calabresi. Il narcotrafficante è stato trovato in possesso della documentazione doganale relativa al carico trasportato dalla “Star prima”.

BOND MILIONARIO
Ma le investigazioni sul gruppo pugliese hanno reso possibile anche la scoperta di un bond falso della Federal reserve americana, del valore di 500 milioni di dollari. L’obiettivo dei trafficanti era costituire linee di credito da utilizzare per i successivi investimenti imprenditoriali. Il titolo di credito falso è stato trovato in una cassaforte, nell’abitazione di Antonio Flore. Il gruppo criminale dedito all’introduzione di bond contraffatti nel mercato Usa era composta da Mario Spagnolo, Leonardo Brescia, Alessandro Molinari e Cosimo Ribezzi.

LA PRESSA
Nel corso delle perquisizioni, la guardia di finanza ha scovato anche una pressa per il confezionamento dei panetti di cocaina. È la prima volta che in Italia viene scoperto questo tipo di macchinario, che consente anche l’apposizione su ogni panetto di un simbolo che identifica le cosche di riferimento. La presenza di questo strumento significa che i clan di ‘ndrangheta sono in grado di «tagliare cocaina pura al 95% e di rivenderla nuovamente all’ingrosso, realizzando margini di guadagno elevatissimi», conferma il comandante provinciale Claudio Petrozziello. Allo stato attuale un chilo di “neve” ha un valore di mercato pari a 45mila euro.
«L’indagine di oggi dimostra ancora una volta che i broker della ‘ndrangheta riescono a spedire coca dal Sudamerica nei modi più disparati», ha detto il procuratore aggiunto Nicola Gratteri. «I vari clan – ha concluso – sono consociati tra loro e importano dai 3mila agli 8mila chilogrammi alla volta».

fonte corrieredellacalabria

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