Truffa in agricoltura,scoperta grazie ad un commercialista pentito.

Truffa in agricoltura,scoperta grazie ad un commercialista pentito.

La filiera illegale dell'agricoltura tiene insieme, in un unico sistema, commercialisti, proprietari terrieri e braccianti. Per i primi c'è abbastanza domanda da soddisfare. La manna dei contributi Inps e dei fondi europei dà lavoro a tutti. Anche ai professionisti che dovrebbero garantire il rispetto delle normative. L'inchiesta della Procura di Palmi nasce proprio dalla decisione di uno dei commercialisti di collaborare e raccontare i meccanismi criminali dell'agricoltura. Salvatore Deraco non lo fa per fini nobili: si vede praticamente scoperto e, soprattutto, nutra un «forte rancore nei confronti del trio Laguteta–Morano–Anselmo, composto da ex collaboratori dello studio Deraco che si erano messi in proprio e che avevano sottratto a Salvatore Deraco buona parte della clientela che a lui si rivolgeva per le pratiche, per lo più illegali, concernenti il bracciantato agricolo». Potendo contare sulla collaborazione di due delle menti che stavano dietro le truffe, per gli inquirenti è stato più semplice ricostruire il sistema. Che, secondo le valutazioni del giudice per le indagini preliminari, era molto esteso e funzionava addirittura dai primi anni Novanta. Le imprese agricole nascono in continuazione e sono «solo apparentemente in possesso dei requisiti soggettivi e dimensionali necessari per accedere a varie forme di finanziamento pubblico e alla instaurazione di fittizi rapporti di lavoro tra imprenditori agricoli (a loro volta, reali o fittizi) e aspiranti (falsi) braccianti, il tutto in vista del conseguimento di indebiti vantaggi illeciti per ciascuno degli attori della vicenda». Il meccanismo è ben oliato. «Nella gran parte dei casi – scrive il gip – è il falso bracciante, interessato a creare dal nulla o comunque ad accrescere la propria posizione contributiva a fini pensionistici, a sostenere l'onere di versare i contributi previdenziali dovuti in relazione alla sua assunzione e, soprattutto, a “remunerare” il datore di lavoro» e chiunque lo abbia aiutato a raggiungere lo scopo. Come? “Regalando” ai suoi sponsor le somme percepire come indennità di disoccupazione o di malattia, di maternità o anche sotto forma di assegni familiari. Il vantaggio, per i falsi braccianti, è proiettato nel futuro. È una pensione che altrimenti non avrebbero potuto avere. Solo che per ottenerla non lavorano neppure un giorno, si limitano a pagare. Il tutto avviene, ovviamente, a spese dell'Inps e dell'Unione europea, che versano alle aziende fittizie contributi molto reali.
C'è un altro modo per mettere in atto la frode: si tratta del cosiddetto “scambio di giornate”, «nel quale due o più aziende agricole assumono l'una i familiari dell'imprenditore a capo dell'altra e viceversa, ciò al fine di permettere ai falsi braccianti la percezione di indennità che sarebbero state loro precluse nel caso in cui avessero prestato attività lavorativa nell'impresa di famiglia».
Si tratta di un «fenomeno illegale di vaste proporzioni, tanto più insidioso perché stabile nel tempo (le prime truffe descritte da Deraco risalgono al lontano 1994) e tendenzialmente sistemico». Che nasce da due commercialisti (Salvatore Deraco e Luca Laguteta, “allievo” del primo) che non hanno neppure le abilitazioni necessarie per trattare le pratiche amministrative e lascino muovere attorno a loro «una moltitudine di imprenditori agricoli, falsi braccianti e intermediari vari in grado di far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro agricolo fittizio».

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