Faida dei Boschi,sedici arresti nel Reggino

Faida dei Boschi,sedici arresti nel Reggino

C'è anche l'omicidio del boss di Serra San Bruno, Damiano Vallelunga, ucciso a Riace il 27 settembre 2009, tra i reati contestati dalla Dda di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione di "Faida dei boschi" eseguita martedì notte dai carabinieri del comando provinciale e dalla squadra mobile.
Diciassette in tutto le ordinanze di custodia cautelare in carcere (uno è riuscito a sfuggire alla cattura) emesse dal gip su richiesta del procuratore aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Sara Ombra.
Un colpo durissimo alle cosche di 'ndrangheta dell'alto Jonio reggino protagoniste di una mattanza riaperta proprio con l'uccisione del capo cosca, di 52 anni, consumata davanti al santuario di Cosimo e Damiano. Le indagini hanno fatto luce, inoltre, sull'omicidio di Giovanni Vallelonga e sul tentato omicidio il 19 giugno 2010 nei confronti di Enzo Cavallaro, un venditore ambulante di acqua sospettato di essere venuto a conoscenza di troppe cose.
Gli uomini di Semeraro e i militari dell'Arma hanno serrato le manette ai polsi di boss e gregari delle cosche Ruga-Leuzzi-Vallelonga operanti nel "locale" di Monasterace, Caulonia, Stilo, Riace e Stignano.
Le accuse contestate dalla Dda reggina vanno dall'associazione mafiosa alla detenzione di armi da fuoco, passando per omicidi, intestazione fittizia di beni ed altro.
Nell'ambito della stessa inchiesta, oltre agli arresti il gip stamattina ha disposto il sequestro di tre imprese per un valore di circa 3 milioni di euro: la "Spatari srl" e quella di Bruno Vallelonga e Cosimo Spatari.
I dettagli dell'operazione "Faida dei boschi" sono stati illustrati durante una conferenza stampa tenuta in Procura e alla quale hanno partecipato il procuratore Ottavio Sferlazza, l'aggiunto Nicola Gratteri e i vertici provinciale della polizia di stato e dei carabinieri.
Le porte del carcere si sono spalancate per Agostino Vallelonga, Bruno Vallelonga, Luigi Vallelonga, Piero Vallelonga, Renato Comito, Cosimo Franze', Vincenzo Franze', Antonio Leuzzi, Domenico Ruga, Vincenzo Gallace, Cosimo Giuseppe Leuzzi, Cosimo Spatari, Luca Spatari, Angelo Natale Misiti, Salvatore Papaleo, Andrea Sotira.
L'inchiesta ha consentito agli inquirenti di registrare l'insorgenza improvvisa, a partire dalla seconda metà del 2009, di una escalation di attentati allarmanti dovuti ai contrasti tra le cosche a cavallo fra le province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro. In sostanza, nelle file della 'ndrangheta dei boschi si avvertiva l’esigenza di riassetto degli equilibri sponsorizzata dai boss Cosimo Giuseppe Leuzzi, Vincenzo Gallace e il defunto Andrea Ruga.
Damiano Vallelunga, capo cosca dei "viperari" ha pagato con la vita l'aver sostenuto il boss Carmelo Novella ucciso, come è emerso nell'inchiesta "Crimine", per aver tentato di realizzare il progetto separatista delle cosche trapiantate in Lombardia.
Oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali, le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia tra cui Antonio Belnome. Fondamentali, inoltre, le conversazioni intrattenute dai familiari e dai soggetti vicini a Giovanni Vallelonga, anche lui ucciso nell'ambito della faida. Donne e giovani che, dopo l'omicidio del boss congiunto, hanno manifestato paura e l'intenzione di procurarsi armi e giubbotti antiproiettile.
Si tratta di dinamiche criminali in un contesto in cui la Distrettuale ha assistito a numerosi atti intimidatori nei confronti di sindaci e amministratori locali. Minacce e attentati attraverso i quali la 'ndrangheta vuole imporre la propria presenza all’interno della pubblica amministrazione in modo da condizionarne la gestione e garantirsi, in tal modo, l’accaparramento di appalti pubblici. A proposito, l'inchiesta della Dda ha svelato il tentativo delle cosche di inserirsi nel business dell'eolico, a dimostrazione di come questo sia un settore particolarmente appetibile per la 'ndrangheta.
«L'eolico – ha dichiarato infatti il procuratore Sferlazza durante la conferenza stampa – aveva rappresentato uno dei motivi di contrapposizione tra le cosche. C'era stato anche un summit tra Damiano Vallelunga e Giovanni Vallelonga, che erano cugini a dispetto della differenza di cognome dovuto solo a un mero errore dell'ufficio anagrafe. Un summit nel quale era emersa la prepotenza del boss Damiano il quale aveva affermato che nel suo territorio non avrebbe consentito a nessuno di prendere decisioni».
Dopo essersi complimentato con la squadra mobile e con i carabinieri per il lavoro svolto («I vertici delle forze dell'ordine sono persone di primissimo piano dal punto di vista deontologico e professionale»), il procuratore aggiunto Nicola Gratteri ha sottolineato che «si tratta di un'indagine completa, fatta bene dalla polizia giudiziaria. Cosimo Leuzzi era stato gia' coinvolto nell'operazione "Stilaro" e aveva un ruolo importante nell'unico "locale" in cui convivono le cosche colpite dall'inchiesta di oggi. Le dichiarazioni dei pentiti si sono perfettamente conciliate con la precedente attività di indagine e con quanto emerso dalle intercettazioni».
Alla faida vengono attribuite, in particolare, le uccisioni di Giuseppe Todaro, ucciso a Chiaravalle Centrale il 22 dicembre del 2009 e il cui cadavere non è mai stato trovato; Pietro Chiefari (Davoli, 16 gennaio 2010); Domenico Chiefari (Guardavalle, 11 marzo 2010); Francesco Muccari (Isca sullo Jonio, 16 marzo 2010); Angelo Ronzello ((Monasterace, primo aprile 2010); Giovanni Vallelonga (Stilo, 21 aprile 2010); Vittorio Sia (Soverato, 22 aprile 2010), Giovanni Bruno (Vallefiorita, 15 maggio 2010); Mario Petrolo (Stilo, 26 maggio 2010); i fratelli gemelli Vito e Nicola Grattà (Gagliato, 11 giugno 2010); Salvatore Vallelunga (Brognaturo, 15 giugno 2010) e Agostino Procopio (San Sostene, 23 luglio 2010)).

fonte corrieredellacalabria

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