Reggio Calabria,Operazione "torno subito",dipendenti comunali sospesi per due mesi

Reggio Calabria,Operazione "torno subito",dipendenti comunali sospesi per due mesi

 Dopo gli arresti scatta l'interdittiva per gli assenteisti di Palazzo San Giorgio. Il giudice per le indagini preliminari, Barbara Bennato, ha disposto l'interdizione per 29 dipendenti del Comune di Reggio Calabria, indagati nell'ambito dell'inchiesta “Torno subito”, attraverso la quale la guardia di finanza ha fatto luce sul fenomeno dell'assenteismo registrando record “olimpionici” conquistati dagli impiegati che, dopo aver strisciato il proprio badge e quello dei colleghi, si allontanavano dall'ufficio senza alcuna autorizzazione.
Sono stati sospesi per due mesi dall'esercizio della pubblica funzione o del pubblico servizio gli indagati Rosa Maria Antonuccio, Angela Bonvino, Maria Pizzimenti, Salvatore Vazzana, Immacolata Ielo, Paolo Turiano, Carmelina Gabriella Modafferi, Giuseppe Spanti, Benito Malerba, Luigi Giordano, Concetta Gaita, Carmela Iannì, Leonarda Nadia Azzolina, Pasquale Serino, Grazia Maria Pitasi, Loredana Di Coste, Demetrio Claudio Triglia, Gaetano Nucera, Giovanni Rombo, Angela Morabito, Salvatore Falzea, Domenico Modafferi, Fortunato Nucera e Antonino Malara.
Sono stati interdetti per un mese, invece, gli indagati Carmela Romeo, Clotilde Laganà, Adriana Musolino, Pierluigi D'Apice e Teresa Maria Libero.
È stata rigettata, infine, la richiesta di interdizione formulata dal pm Antonella Crisafulli nei confronti dei dipendenti Domenica Canale, Giancarlo Cutrupi, Lucia Minniti, Elena Martino, Maria Fracapani, Consolata Crupi, Eugenio Gattuso, Flavia De Meo, Diego Pizzimenti, Annunziato Romeo, Stefania Rosa Aricò, Roberto De Franco e Domenico Loddo.
Motivando le esigenze cautelari assunte nei confronti dei dipendenti interdetti, il gip Bennato parla di «gestione privatistica del servizio e dei compiti che agli stessi erano affidati nei rispettivi uffici, circostanza che li aveva indotti ad approfittare, in un contesto di assoluta anarchia amministrativa, dell'assenza di qualsivoglia controllo e della fluidità (per non dire approssimazione) delle rispettive mansioni».
«Molti, tra gli interrogati che hanno scelto di rispondere, – scrive sempre il gip nel provvedimento di interdizione – hanno infatti sostenuto che, ad onta delle circolari esistenti, l'espletamento di servizi esterni fosse autorizzato soltanto oralmente ed estemporaneamente dai dirigenti di settore o talvolta, addirittura, per nulla autorizzato in ragione dell'urgenza ed impellenza dell'incombente da assolvere. Altri hanno affermato che, nel corso del periodo di osservazione, l'intero personale amministrativo fosse impegnato nei servizi (invero non meglio specificati e documentati) afferenti alle imminenti e contestuali consultazioni elettorali con argomentazioni, tuttavia, del tutto generiche e prive di qualsivoglia addentellato oggettivamente riscontrabile. Tanto determina, rebus sic stantibus, un rischio concreto di reiterazione del reato (proprio in ragione di una sintomatica assenza di senso del dovere e di percezione delle rispettive funzioni e mansioni a vantaggio dell'amministrazione) e legittima la scelta della misura invocata dal pm del tutto coerente con l'esigenza di prevenzione in parola».
Il giudice per le indagini preliminari, Barbara Bennato, bacchetta anche la politica nel prendere atto di «uno spaccato inquietante connotato proprio da un approssimativo criterio di organizzazione delle risorse umane, talvolta piegate ed addirittura asservite, più che ad un principio di efficienza e trasparenza amministrativa, alle esigenze contingenti, settoriali e personali di questo o quell'assessore o consigliere, con attribuzione del tutto estemporanea di compiti che di fatto esulavano dalle tipizzate e puntuali mansioni del dipendente, che finiva per essere un vero e proprio “portaborse” del singolo politico, talvolta addirittura impiegato nella soluzione di vicende e problematiche che potessero costituire un tornaconto personale ed elettorale del gruppo. È in questo sistema patologico, dunque, che i dipendenti hanno senz'altro avuto agio nella perpetrazione sistematica della loro condotta che, evidentemente, ha finito di esorbitare finanche dagli stessi fluidi confini ora descritti, se si tiene conto che la determinazione di denunciare i sospetti episodi di assenteismo all'interno di Palazzo San Giorgio era partita proprio da un rappresentante “politico” dell'amministrazione locale che dunque, al di là delle discutibili modalità di impiego dei dipendenti nutriva, egli stesso, motivi di doglianza sulla presenza e sulla conseguente efficienza dei singoli»

fonte corrieredellacalabria.it

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