Locri - Chiesti in appello quattro ergastoli per l'omicidio di Salvatore Cordì
Il pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo, applicato nel procedimento d'appello per l'omicidio del boss di 'ndrangheta Salvatore Cordì, ha chiesto alla Corte d'Assise d'Appello quattro ergastoli per il fatto di sangue, avvenuto il 31 maggio 2005 a Locri.
Al termine della propria articolata requisitoria, il rappresentante dell'accusa ha chiesto la conferma dell'ergastolo per Michele Curciarello, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, mentre in riforma della sentenza emessa in primo grado dalla Corte d'Assise di Locri, ha richiesto la condanna all'ergastolo (con isolamento diurno) per Antonio Martino, Antonio Panetta e Domenico Zucco, assolti dalle accuse (anche quelle di armi e di associazione mafiosa).
Nel corso della propria requisitoria davanti alla Corte d'Assise d'Appello (Iside Russo presidente, Marialuisa Crucitti a latere), il pm De Bernardo ha ripercorso i motivi e le dinamiche dell'omicidio di Salvatore Cordì, detto "u cinesi". Il rappresentante dell'accusa ha dedicato diversi passaggi alla situazione ambientale di Locri, sotto il profilo 'ndranghetistico. Un paese da sempre diviso tra le potenti famiglie Cataldo e Cordì, appunto. Negli anni, sull'episodio spunteranno fuori anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Domenico Oppedisano. L'uomo avrebbe deciso di passare dalla parte degli inquirenti perché sarebbe stato invitato a testimoniare il falso nel processo a carico di Michele Curciarello e Antonio Martino, presunti responsabili dell'omicidio, avvenuto nel 2005, di Salvatore Cordì, fratellastro proprio di Oppedisano: "Vennero a parlarmi Cosimo Cavaleri e Antonio Cordì, figlio di Cosimo, mi dissero: ti chiameranno per il processo sull'omicidio di Salvatore, mandala buona a Curciarello, dì che era in ottimi rapporti con Salvatore, non è un'infamità, fallo per la famiglia" dirà Oppedisano in svariate occasioni, tra cui nel procedimento per far luce sull'omicidio di Franco Fortugno, ma anche nell'attività per arrivare all'esecuzione dell'operazione "Locri è unita".
Una requisitoria in cui il pm De Bernardo ha dunque ripercorso il contesto malavitoso locrese, ma si è anche soffermato sulle dinamiche con cui sarebbe avvenuto il delitto, nonché sugli aspetti balistici. Da ultimo, grande attenzione è stata riservata dal magistrato inquirente a testimoniare come anche le celle dei gestori telefonici possano fornire indicazioni utili ai fini della decisione per l'affermazione della responsabilità penale dei soggetti alla sbarra e, in particolare, di quelli assolti in primo grado. Dal cellulare di Zucco, infatti, sarebbe partita una chiamata che annunciava ai sodali l'avvio dell'azione di fuoco.