L’Italicum è peggio del Porcellum. La sovranità non appartiene più al popolo.

L’Italicum è peggio del Porcellum. La sovranità non appartiene più al popolo.

Tutto è ormai arrivato in porto, o poco ci manca. La rimessa a punto del patto Berlusconi/Renzi funziona, il diktat di Alfano di rendere difficile se non impossibile il ricorso a elezioni anticipate ha avuto successo. C’è ancora in discussione la parità di genere, che ha mobilitato in maniera bipartisan quasi cento deputate, che chiedono a gran voce la sicurezza di un meccanismo elettorale paritario.


Democrazia di genere ormai indispensabile, ne sembrano tutti convinti. Ma nessuna si chiede che senso tutto questo abbia mentre si va producendo, proprio sul piano della democrazia, una mostruosità inaudita, per il combinato disposto tra l’Italicum, con i suoi abnormi dispositivi di premi di maggioranza e di esclusioni delle minoranze, e il pastrocchio istituzionale prodotto dall’emendamento D’Attorre, che elimina dall’Italicum il voto per l’elezione del Senato, mentre il Senato è ancora vivo e vegeto. Ma nessuno sembra preoccuparsi del pastrocchio e il Presidente della Repubblica invita tutti a lasciar lavorare Governo e Parlamento, che forse, stavolta, ce la faranno a darci una nuova legge elettorale. Non l’aspettavamo tutti, grandemente impazienti?

Così, con la metaforica fumata bianca da Palazzo Grazioli, è stato deciso da parte di Forza Italia l’accoglimento della proposta del deputato del Pd D’Attorre che sgancia il destino della Camera da quello del Senato, e cancella dall’Italicum l’articolo relativo alle procedure di elezione del Senato. Non ce n’è bisogno, perché sarà abolito, esternano Renzi e i suoi. Ma questa decisa presa di posizione avviene prima ancora che esista uno straccio di legge costituzionale che ci faccia capire che fine farà il Senato. Cancellato, ridotto, trasformato in qualcosa di assolutamente diverso? E nessuno si cura delle opzioni critiche o contrarie che da ambienti del Senato vengono fatte. Anche il Presidente Grasso si è detto perplesso sui modi e contrario nel merito. La Camera Alta non potrà essere cancellata come se niente fosse. Questo è sicuro. E dunque? Dunque niente. La doppia maggioranza ha deciso tutto. In modo trasversale, ovviamente. Tutto ormai è trasversale. Nessuno dunque sa quale sarà il destino del Senato, ma tutti sanno che cancellarlo sarà impresa difficile. Intanto sappiamo che non ci sarà più legge per rieleggerlo e che si è creato un vuoto giuridico, tale da bloccare il sistema democratico. Ma, dicono i furbi e chi li protegge con interpretazioni giuridiche benevole, in caso di necessità, si potrà ricorrere al dispositivo elettorale disegnato dalla Corte con la sua sentenza del 4 dicembre. Giusto, ma quel dispositivo è un testo di giudizio, non un disegno di legge compiuto, che fornisce criteri di orientamento, senza possedere, per esempio, la parte tecnico politica che lo renda operativo. Ha bisogno di passaggi, di messe a punto e altro. Non è automatico. E, soprattutto, il combinato disposto tra la nuova legge elettorale in discussione alla Camera e il lascito della Corte mettono insieme due sistemi antagonisti: alla Camera ultra maggioritario, al Senato ultra proporzionale. Delle due, l’una: o la Corte, a un certo punto di questo psicodramma nazionale, anche su richiesta di un singolo cittadino, come essa stessa ha stabilito nella stessa sentenza contro il Porcellum, dichiarerà incostituzionale la palese, sfrontata incongruenza dell’accoppiamento tra i due sistemi elettorali, oppure se costretti a eventuali nuove elezioni senza che la corte intervenga, avremo davanti l’orizzonte claustrofobico delle infinte larghe intese.

Renzi parla di un successo “smisurato”. Ma Renzi è quello che è. Si è dichiarato, ha dato prova di sé con lo spodestamento extra parlamentare di Letta, si conferma ogni giorno. Inquietante non è lui. E’ il silenzio complice che cresce intorno a lui e che scava negativamente in profondità nel senso e nel sentimento di ciò che ancora rende un bene irrinunciabile la democrazia.

Esistono degli elementi di automatismo nel funzionamento della democrazia e delle sue istituzioni che, se appunto funzionano, ci danno in ogni momento la conferma che si vive in un sistema democratico. Ci danno sicurezza, ci fanno sopportare molte cose che non ci piacciono. Almeno ancora per un numero grande di uomini e donne del nostro Paese, questa sicurezza ha ancora valore. Sappiamo che viviamo in una democrazia sempre più svuotata,  e sempre meno in grado di dare risposta alle trasformazioni di ogni tipo dell’epoca che viviamo, perché i disastri economico-sociali sono quelli che sono e l’insipienza autoreferenziale dei partiti è diventata opprimente. E sappiamo anche che tutto ciò  produce  l’affievolirsi del senso della democrazia. Ma la certezza che i meccanismi di fondo non siano bloccati, che la politica possa riprendere slancio grazie a questi automatismi che possono essere rianimati, questo elemento non può essere buttato nel macero delle cose inutili. Finché questo aspetto sussiste esso fa la differenza tra democrazia e autocrazia, tra possibilità di recupero della sovranità popolare e sua definitiva cancellazione.

Ora siamo ad un ulteriore passo negativo nello svuotamento della democrazia. Molto più pericoloso perché il passo è nelle mani esclusivamente dell’arbitrio della politica, del sistema dei partiti e dei giochi di potere e sopravvivenza di una classe politica che è quella che è. Pessima, con rare eccezioni.

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