Cesare Cremonini, si racconta...

Ha ragione Cesare Cremonini, quando afferma di non essere mai stato un musicista monocromatico. Dall'esordio trionfale con i Lùnapop al recente successo con "Mondo", il cantautore ha sempre usato una tavolozza di suoni che spazia dal rock inglese dei Beatles al jazz, fino alla musica classica. Nel quarto album solista "La teoria dei colori", che uscirà il 22 maggio, ma è già ai vertici della classifica di iTunes in pre- ordine, si muove in confini più definiti («Ho trovato il mio equilibrio musicale fra l'Inghilterra e il cantautorato italiano ») eppure il risultato è un disco più vario e più maturo: dagli arrangiamenti sofisticati della bellissima "Il sole" all'impronta più essenziale di "Stupido a chi?"e "I Love You".
«Dagli inizi fino a "Mondo" - spiega Cesare - ho esplorato diversi territori musicali. Anche la mia voce è cambiata: è meno adolescenziale, più profonda, più viva. Non faccio più voli pindarici, ma punto alla concretezza, scrivendo canzoni che dovrebbero reggere anche semplicemente piano e voce o chitarra e voce. Questo è il mio primo disco che penso di eseguire integralmente nei concerti che partiranno da novembre».
Fra le 11 nuove canzoni ci sono anche "Tante belle cose" scritta per la colonna sonora dello spettacolo teatrale omonimo con la regia di Alessandro D'Alatri e "Amor mio" composto per il film "I padroni di casa" con Gianni Morandi, Elio Germano eValerio Mastandrea. E naturalmente il singolo "Il comico (sai che risate)", che è già una hit radiofonica. «Da
Totò a Benigni, il comico è una trave portante della nostra impalcatura sociale. Non solo i professionisti, ma soprattutto l'amico a scuola, in palestra, in comitiva o sul lavoro che ha il talento per le battute e riesce a sdrammatizzare le situazioni più dolorose. Uno dei tanti valori aggiunti di noi italiani è la capacità di ridere e far ridere anche quando è molto complicato riuscirci». Nel singolo Cremonini canta "e il mondo ride se mi piange il cuore".
«Cercare la risata degli altri è un modo per amare e per farsi amare, quasi sempre per colmare una carenza di amore. Io sono affezionato e mi commuovo per le persone che si prendono l'onere di farci ridere. E dubito fortemente di chi non ama e non mette l'amore al centro della propria esistenza. La mia visione dell'amore è positiva, il più possibile autentica e piuttosto concreta».
Una delle canzoni migliori del suo repertorio è "Il pagliaccio" del 2009. Anche lei si è improvvisato "buffone" per attirare simpatie?
«Essendo sprovvisto di occhi azzurri, naso all'insù e capelli biondi, negli anni della scuola ho cercato necessariamente strade alternative alla bellezza. Ho scelto la musica e la risata come ricerca di amore e come generoso gesto d'amore».
L'amore è un tema dominante dell'album...
«Il disco ha iniziato a prendere forma da "Una come te" e "Amor mio". Soprattutto la seconda mi ha liberato dall'ansia da prestazione, perché ho capito che era possibile restare al livello di brani come "Il pagliaccio". La mia conquista più importante è stata la credibilità e il rispetto come artista. Anche le mie canzoni d'amo re, però, sono sporche di sangue e di vino, sanno di vita quotidiana, sono poco piacione e mescolano gioia e dolore».