"La tolleranza" al tempo del Covid-19. La lucida riflessione di Dalia Reale

"La tolleranza" al tempo del Covid-19. La lucida riflessione di Dalia Reale

Con una riflessione  personale Dalia Reale studentessa dell’IIS “Francesco La Cava” di Bovalino Marino spiega “La tolleranza” al tempo del Covid-19. La studentessa di Bovalino al IV anno del Liceo Scientifico indirizzo scienze applicate fa una lucida spiegazione sulla capacità di tollerare. 
 

Tolleranza….. Meta da raggiungere e fardello da portare. Sfida quotidiana e smacco continuo. E’ difficile essere tolleranti, sapersi dominare, saper mettere a tacere il nostro spietato desiderio di autoaffermazione. Ritenersi i soli possessori della verità è espressione di superbia, che non a caso è il primo dei sette vizi capitali, la causa prima dei conflitti e dissidi che lacerano il tessuto sociale umano. La pretesa di assolutezza, di unicità e insuperabilità del proprio "credo" è una di quelle asserzioni particolarmente gravi che da sempre hanno creato ostacoli nella buona riuscita dell'interazione umana, oggi più che mai amplificata da guerre “social”. La tolleranza coincide con la libertà. Ma in cosa consiste questa tanto decantata libertà? E’ una ricerca febbrile la nostra, fatta di tentativi, di cadute, di illusioni e di fallimenti.

Essere intolleranti, in casi più estremi, equivale a privare il prossimo della sua propria libertà. L'intolleranza alligna talvolta nelle intransigenze religiose o nei fanatismi politici dai quali fiorisce prepotentemente il razzismo. Sono diverse le definizioni che si possono trovare della parola razzismo. La descrizione più comune che ci viene fornita dai dizionari è: "teoria che esalta le qualità superiori di una razza e afferma la necessità di conservarla pura da ogni commistione con altre , respingendo queste o tenendole in uno stato di inferiorità". Proprio il razzismo come tendenza psicologica è quello più subdolo e pericoloso, più suscettibile d'infiltrarsi nelle coscienze degli uomini e di condizionarne il comportamento. E da cosa è scaturito questo razzismo, se non da una fervida intolleranza? Oggigiorno questa parola ha assunto un significato pregnante molto discusso, specialmente tra i giovani. Essere tolleranti significa essere indulgenti per quanto concerne la religione professata dagli altri, l'orientamento sessuale e politico e tutti gli aspetti che fanno parte della vita dell'uomo: "de gustibus non disputandum est" affermavano i latini, sottolineando che è inutile criticare i gusti altrui, che siano opinioni o scelte di vita, essendo questi prettamente personali, fintanto che non ostacolano la libertà altrui.

Noi uomini ci perdiamo in congetture, in giudizi preconfezionati. I pregiudizi sono un tipo di insegnamento emozionale che viene impartito molto presto nella vita ed è difficile da sradicare. Anche questa forma di razzismo, spesso deprecata solo a parole, è molto più diffusa di quanto si voglia credere, forse inconsapevolmente confessata nell'atto stesso di proclamarsene immuni. Occorre combattere questi pregiudizi, anche perché la diversità è un concetto astratto, va di pari passo con il tempo storico; c'è sempre un termine di paragone che muta nel tempo. Ma essere diversi rispetto a chi, rispetto a cosa? C'è davvero qualcosa da tollerare o siamo noi umani che perturbiamo un equilibrio sociale che invece esiste naturalmente? Solo il fatto di utilizzare il termine tolleranza presuppone che ci sia qualcosa di sbagliato in noi, che dobbiamo "sopportarci", anziché cooperare malgrado le vedute differenti. Quanto tempo perdiamo nello svalutare gli altri, nell'apporre etichette e stereotipi? Siamo veramente felici? Non è una domanda che ci poniamo volentieri. La nostra cultura ha scambiato per felicità il divertimento, l'orgoglio di poter surclassare gli altri, vivere in uno stato di estenuante competizione che inneggia all'autocelebrazione e alla denigrazione degli altri per magnificare sé stessi. Spesso ci convinciamo che la vita sia una partita truccata, che il diverso è sempre un nemico e che il nostro destino sia malinconicamente segnato: scivoliamo nella convinzione fatalistica che la felicità sia una chimera.

L’accettazione, l’inclusione del diverso-da-noi, l’integrazione e il riconoscimento dell’altro nel rispetto dell’unicità di ciascuno è un’impresa ardua, forse da sempre e ancora oggi nel modo attuale fatto di divisioni, di competizioni e di prevaricazioni. Ignoriamo invece, che sono proprio le differenze a migliorarci, a farci elevare arricchiti come esseri umani . Passiamo più tempo a screditare le opinioni altrui, che ad accoglierle, soppesarle ed essere così persone migliori, più serene e in pace con noi stessi. Non possiamo e non dobbiamo rimanere ancorati ai luoghi comuni. L'uomo è un animale sociale e in virtù di questo ha bisogno di interfacciarsi con gli altri, accogliendoli, con gli altri modi di pensare e le altre prospettive di vita. Quante volte logoriamo le nostre relazioni perché vi è uno scarso e inefficace dialogo con l'altro? Esasperiamo le discussioni, portandole allo stremo, solo per uscirne vincitori. Dobbiamo inculcare al nostro cervello un assioma assoluto: siamo tutti diversi, anche quando pensiamo che qualcuno ci assomigli. Ognuno è un individuo a sè, unico e irripetibile ed è qui che risiede il nostro potere, il potere dell’umanità.

La tolleranza dovrebbe albergare in noi senza fatica, ci adiriamo per quisquilie perdendo di vista il senso della vita, mai come in questo momento di emergenza sanitaria, economica e sociale mi sembrano importanti i valori della tolleranza, dell’aiuto reciproco e della solidarietà. "Se rimaniamo insieme potremo anche volare, se rimaniamo insieme sarà vera libertà " canta Jovanotti, e non posso trovarmi più d'accordo. (p.s. I  miei riferimenti alla lotta al pregiudizio vanno con simpatia al caro, vecchio Immanuel Kant che ci sprona a sapere, a soppesare, ad avere sempre il coraggio di conoscere prima di tutto!....”Sapere aude”)

Tags