LA FAMIGLIA AMANTE: IL DOLORE “NON VA IN PAUSA” CON IL COVID 19

LA FAMIGLIA AMANTE: IL DOLORE “NON VA IN PAUSA” CON IL COVID 19

Riceviamo e pubblichiamo

 

Ad oggi, comprendiamo appieno l’attuale situazione della stato di emergenza che il nostro Paese si è ritrovato ad affrontare.Nellanostra regione, la Calabria, questo “terremoto” sanitariofortunatamente non ha al momento causato “catastrofi” come altrove. Inoltre, questa situazione, purtroppo, ha portato a trascurare le altre vicende sanitarie con conseguenze sicuramente spiacevoli.

La nostra attenzione vuole focalizzarsi soprattutto sulla sanità, che sicuramente non doveva aspettare il Covid 19 per evidenziare le molteplici problematiche: carenza di personale, carenze di strumenti diagnostici, ritardi delle ambulanze e pronto soccorsi affollati.

Come già abbiamo reso noto mesi fa, la nostra famiglia è stata vittima di questo sistema che presenta delle rilevanti incongruenze, infatti, la persona che purtroppo ci ha lasciato,era padre e marito di una famiglia che oggi, nonostante questa emergenza sanitaria, non vuole che le indagini si fermino e quindi continua a lottare perché quello che è accaduto non venga dimenticato, ma soprattutto non rilevi altre vittime.

Ricordiamo in breve.

Giuseppe Amante il 21 novembre dello scorso anno si sente male (capogiri e conseguente vomito). Vengono chiamati i soccorsi, ma secondo gli specialisti non è NIENTE DI GRAVE: non è necessario andare in ospedale. Dopo due settimane i sintomi si ripresentano ma con associata e severa pressione arteriosa. Si va al pronto soccorso, anche questa volta: NIENTE DI GRAVE, viene quindi dimesso con la diagnosi: “IPERTENSIONE ESSENZIALE”. Il 9 dicembre la situazione precipita, vengono chiamati nuovamente i soccorsi e anche questa volta su insistenza dei familiari viene trasferito in ospedale. “Accolto” al pronto soccorso dell’OSPEDALE DI LOCRI rimane fino al tardo pomeriggio, trasferito successivamente nel reparto di medicina con la seguente diagnosi: “VOMITO SOLO”. Nel reparto di medicina si aspettava un ulteriore diagnosi e una cura adeguata per il benessere del paziente, ma così non è stato.Le sofferenze si sono sempre più accentuate. Allo stremo delle forze viene trasferito a Reggio Calabria per eseguire una TC (all’ospedale di Locri non funzionava).

Non siamo medici, ma sicuramente le diagnosi(se così si possono chiamare), non hanno permesso le giuste valutazioni mediche tali da, se non altro, poter mettere in atto le cure adeguate relative alla patologia in questione.

Al GOM di Reggio Calabria si riesce finalmente a fare una DIAGNOSI (attraverso una risonanza magnetica): ISCHEMIA CEREBRALE DELL’ARTERIA BASILARE.

I sintomi non sono stati sufficienti per salvare una vita umana, forse inizialmente confondibili con altre patologie, ma successivamente le competenze mediche unite agli strumenti radio-diagnostici avrebbero dovuto riconoscere di quale malattia si trattava.

Sebbene con molte difficoltà (a causa dell’attuale situazione di “fermo”) confidiamo che la giustizia, fatte le dovute indagini, possa “verificare” quanto accaduto.

Vorremmo venga fatta luce su un sistema sanitario che “secondo noi” ha necessità di essere revisionato; con un codice giallo, un’ambulanzanon può arrivare DOPO SEI ORE e con un paziente in fin di vita su un letto,non si può decidere con calma cosa fare, perchèanche un minuto in più può essere fatale.

La nostra sofferenza,la nostra tragedia si è amplificata con il Covid 19: non possiamo dimenticaree confidiamo nella GIUSTIZIAperché  non vogliamo  si ripetano situazioni sanitarie analoghe.

In questo periodo ci siamo chiesti: “Se è stato difficile diagnosticare malattie già ampiamente conosciute (con protocolli già ben definiti), come è riuscito ad operare il sistema sanitario locale della Locride di fronte ad una malattia sconosciuta?”

Lasciamo al lettore le dovute riflessioni.

Bovalino, 28/04/2020                                                               Famiglia Amante

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