Parroco ucciso a Cassano allo Ionio - Era ricattato con la falsa voce di essere gay

Parroco ucciso a Cassano allo Ionio - Era ricattato con la falsa voce di essere gay

Al termine degli interrogatori condotti dai carabinieri della caserma di Corigliano Calabro, i militari hanno proceduto al fermo di indiziato di delitto per omicidio ed estorsione emesso dal sostituto procuratore di Castrovillari nei confronti di un cittadino rumeno residente a Cassano allo Jonio, Nelus Dudu, di 26 anni. L’uomo avrebbe colpito ripetutamente con un’asta di ferro il sacerdote, fino ad ucciderlo.




Il cittadino straniero era stato portato in caserma già dalle ore immediatamente successive al delitto. I carabinieri sapevano delle preoccupazioni espresse dal sacerdote negli ultimi tempi per richieste sempre più pressanti di denaro da parte di un suo conoscente. Don Longobardi ne aveva parlato anche con i militari, pur senza formalizzare una denuncia. E così, dopo il delitto, i carabinieri hanno portato in caserma, per interrogarli, il giovane, che sarebbe stato l'autore delle richieste di denaro, e un suo amico e connazionale. Interrogatorio che è andato avanti per ore, sino a quando è stato emesso il provvedimento restrittivo. Secondo quanto riportato nel fermo emesso dalla Procura di Castrovillari il giovane rumeno rubava i soldi delle offerte da casa del parroco e quando quest'ultimo gli ha intimato di restituire il denaro, minacciando di allontanarlo, ha cercato di ricattarlo con la minaccia di mettere in giro la voce, falsa, di un rapporto omosessuale tra loro. Dudu era stato aiutato in passato dal parroco, insieme a un suo connazionale. Ai due aveva trovato un lavoro e una sistemazione. Dudu era stato più volte nell'appartamento del parroco, nella chiesa di San Giuseppe. Padre Longobardi, però, si era accorto ben presto che il giovane romeno rubava il denaro delle offerte, fino ad arrivare ad una somma di cinquemila euro. Dalla casa era sparito anche un impianto stereo. Quando il sacerdote ha detto a Dudu di restituire il denaro, il romeno ha tentato di ricattarlo con la storia dell'omosessualità, smentita dall'altro romeno e da tutti quelli che conoscevano il sacerdote. Padre Longobardi ha quindi cercato di allontanare per sempre Dudu, smettendo anche di aiutarlo. L'ultimo furto, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Comando provinciale di Cosenza e della Compagnia di Corigliano Calabro, è avvenuto domenica sera. Il sacerdote ha accompagnato a bordo della sua auto Dudu nella chiesa di San Giuseppe dove ad attenderli c'era anche l'altro romeno, chiamato dal sacerdote per cercare di convincere l'amico ad allontanarsi dalla chiesa. Tra i due romeni c'è stata una lite perché il sacerdote si è accorto del furto di 20 euro dalla sua auto. Padre Longobardi è intervenuto per separarli e poi ha accompagnato il secondo romeno in ospedale per farsi medicare. Dudu, secondo l'accusa, ha atteso il rientro del sacerdote in chiesa e quando questi è sceso dall'auto per andare nel suo appartamento, lo ha aggredito con un palo di ferro tolto dalla recinzione del cortile della chiesa, colpendolo più volte alla testa e uccidendolo. Il cadavere di don Longobardi è stato scoperto ieri mattina nel cortile della chiesa di San Giuseppe, dove il sacerdote dormiva. Dagli accertamenti dei carabinieri è poi emerso che il delitto è stato commesso la sera precedente. Vicino al cadavere gli investigatori hanno trovato anche la spranga usata per l'omicidio.

Tracce di sangue sono state trovate sul sellino della bicicletta e sugli abiti di Nelus Dudu, il romeno di 26 sottoposto a fermo nel corso della notte per l'omicidio del sacerdote Lazzaro Longobardi. I reperti sono ora al vaglio dei tecnici dei carabinieri del Ris per accertare a chi appartenga. Appare “inverosimile - è scritto nel decreto di fermo - che il sangue rinvenuto sui suoi capi di abbigliamento, nonché sulla busta avvolgente il sellino della bicicletta, sia riconducibile alle lesioni riportate dallo stesso Dudu a seguito della colluttazione avuta con il connazionale. Appare certamente più credibile, invece, il fatto che le tracce ematiche latenti o visibili, data la loro copiosità, forma e dislocazione, siano riconducibili alle lesioni inferte sul corpo di Longobardi. Si rimane tuttavia in attesa di accertamenti tecnici irripetibili da delegare al Ris di Messina”. Dudu, nel corso del lungo interrogatorio cui è stato sottoposto sin da ieri mattina, prima dai carabinieri e poi dal pm della Procura di Castrovillari Vincenzo Quaranta, ha negato di essere l'autore dell'omicidio cercando di addossare la responsabilità su un altro romeno, ma la sua versione viene contraddetta, secondo l'accusa, dagli accertamenti compiuti dai carabinieri. In particolare Dudu ha riferito che dopo la lite con il connazionale avvenuta domenica sera, è tornato nel suo appartamento in cui convive con una coppia di romeni. la circostanza è stata riferita anche dalla coppia, ma viene smentita dalle riprese a circuito chiuso di due telecamere poste nelle vicinanze della chiesa di San Giuseppe in cui è avvenuto il delitto, che riprendono Dudu in orari compatibili con l'ora dell'omicidio commesso, secondo l'accusa tra le 22 e le 22.30. Inoltre, dall'esame delle celle telefoniche risulta che nelle stesse ore l'uomo si trovava nelle vicinanze della chiesa e che proprio da qui ha fatto una telefonata alla coppia con cui convive. Ulteriore dimostrazione, per gli inquirenti, che la sua versione è falsa. Tra l'altro, evidenziano ancora gli inquirenti nel decreto di fermo, il sacerdote aveva manifestato il sospetto che a istigare Dudu a chiedergli continuamente denaro fosse stata proprio la coppia con cui vive, «sicché - scrive il pm - non si può escludere anche un loro coinvolgimento o un interesse diretto a fornire aiuto a Dudu al fine di eludere le investigazioni».

“Non può non rappresentarsi che la possibilità per il Dudu di frequentare la casa canonica era l'occasione per poter rubare danaro al povero parroco, così come è avvenuto da ultimo nella giornata del 2 marzo, fatti che poi si sono evoluti nel più tragico dei modi”.È quanto sostiene il pm della Procura di Castrovillari nel decreto di fermo emesso a carico di Nelus Dudu. “Non può non evidenziarsi - scrive ancora il pm - che la sera del 2 marzo, dopo il litigio avvenuto tra un connazionale e Dudu, il parroco aveva continuato a mantenere i rapporti con il primo, tanto da cenare insieme e poi da accompagnarlo presso il pronto soccorso dell'ospedale di Corigliano Calabro, circostanza nella quale lo stesso parroco aveva rifiutato diversi tentativi di contatto telefonico fatti dal Dudu. E anzi, nella circostanza rispondeva l'altro romeno al posto del parroco, che gli rappresentava che il sacerdote non poteva e non voleva rispondere. Non si può escludere che tale situazione abbia amplificato l'idea da parte di Dudu di essere ormai stato escluso dai rapporti con il parroco, e che quindi proprio ciò abbia potuto portare lo stesso Dudu a compiere il gravissimo gesto omicidiario, che per le modalità con cui è stato compiuto lascia ipotizzare che vi sia stata una forte manifestazione di violenza”.  “La dinamica dei fatti - sostiene ancora il magistrato - è idonea ad integrare sia l'ipotesi della estorsione sia l'ipotesi dell'omicidio a carico di Dudu. Infatti Dudu, dopo essersi impossessato di rilevanti somme di denaro in danno del prete e dell'impianto stereofonico, alle dimostranze dello stesso parroco gli prospettava, ove l'avesse denunciato, e ciò faceva anche al fine di poter continuare a frequentare lo stesso parroco e quindi la casa canonica, per poter avere tutti i favori collegati a tali rapporti, di infamarlo agli occhi della società e dei suoi parrocchiani con la peggiore delle forme di delegittimazione che un religioso possa subire”.

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