Locri, dissesto. Ecco le motivazioni della Corte dei Conti in Sezioni Riunite

Locri, dissesto. Ecco le motivazioni della Corte dei Conti in Sezioni Riunite

Sentenza n. 16/2017/EL

R E P U B B L I C A     I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

in speciale composizione

composta dai signori magistrati:

Alberto AVOLI Presidente

Antonio GALEOTA Consigliere

Pina M.A. LA CAVA Consigliere

Chiara BERSANI Consigliere

Adelisa CORSETTI Consigliere

Oriana CALABRESI Consigliere

Stefania PETRUCCI Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 556/SR/EL del registro di segreteria delle Sezioni riunite, promosso con il ricorso depositato in data 24 marzo 2017 dal Comune di Locri, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Calabrese, rappresentato e difeso, giusta procura depositata unitamente all’atto introduttivo del presente giudizio, dall’Avv. Gaetano Callipo ed elettivamente domiciliato in Roma alla via Fulcieri Paulucci de Calboli n. 1 presso lo studio dell’avv. Alessandro Fusco

per l’annullamento

previa sospensione, della deliberazione n. 13/2017 del 21 febbraio 2017 e depositata in data 22 febbraio 2017, pronunciata dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Calabria, trasmessa via pec al ricorrente in data 23 febbraio 2017 e recante il diniego di approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale adottato dal Comune di Locri, con deliberazione del Consiglio comunale n. 15 del 29 aprile 2015;

nonché di ogni altro atto prodromico, consequenziale, e/o comunque connesso alla deliberazione impugnata.

Visti i decreti del Presidente della Corte dei conti che hanno determinato la composizione del Collegio, la fissazione d’udienza e la nomina del relatore;

Visti gli atti e documenti di causa;

Uditi, all’udienza del 27 aprile 2017, il relatore, Consigliere Stefania Petrucci, l’avvocato Gaetano Callipo per il Comune ricorrente ed il Pubblico Ministero, nella persona del vice Procuratore generale dott. Marco Boncompagni.

Ritenuto in

FATTO

1. Con ricorso ritualmente notificato a mezzo pec, in data 24 marzo 2017, alla Procura generale della Corte dei conti, alla Sezione regionale di controllo per la Calabria, al Prefetto di Reggio Calabria ed al Ministero dell'interno – Commissione per la stabilità finanziaria degli Enti locali – e depositato presso la segreteria delle Sezioni riunite in data 24 marzo 2017, il Comune di Locri ha chiesto di annullare, previa sospensione dell’efficacia, la deliberazione n. 13/2017 adottata dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria nella camera di consiglio del 21 febbraio 2017, depositata in data 22 febbraio 2017, comunicata all’Ente, a mezzo pec, in data 23 febbraio 2017 e con la quale la Sezione regionale ha deliberato di non approvare il piano di riequilibrio finanziario pluriennale adottato dal Comune, come successivamente rimodulato.

Illustra il Comune ricorrente che, con deliberazione consiliare del 29 aprile 2015 n. 15, è stato approvato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, successivamente rimodulato in seguito alle richieste ministeriali, con deliberazione consiliare del 27 gennaio 2016 n. 3, rimodulazione che ha interessato esclusivamente le pagine 38 e 39 del piano. Con successiva deliberazione consiliare del 20 luglio 2016 n. 20, trasmessa alla Sezione regionale di controllo per la Calabria, l’Ente ha, poi, rettificato un mero errore materiale nell’allegato al piano riguardante i dati del bilancio di previsione 2015.

La Commissione ministeriale, a conclusione dell’attività istruttoria, ha rilevato che il piano non appare completamente conforme ai contenuti richiesti dalle disposizioni normative e dalle indicazioni delle linee guida della Corte dei conti.

2. Lamenta l’Ente ricorrente che la motivazione di diniego di approvazione del piano di riequilibrio contenuta nella pronuncia impugnata risulta viziata da rilevanti difetti di istruttoria, da errata applicazione di norme di legge e da valutazioni che non risultano aderenti ai principi normativi e giurisprudenziali.

In primo luogo, il Comune di Locri osserva che la delibera della Sezione Calabria non ha tenuto conto della volontà del legislatore di privilegiare l’affidamento agli organi ordinari dell’Ente della gestione delle iniziative per il risanamento di situazioni di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto, mentre tale favor legislativo verso l’istituto del riequilibrio è stato più volte ribadito da queste Sezioni riunite, da ultimo con sentenza n. 3/2017/EL e pertanto la mancata applicazione nella delibera impugnata dei predetti principi normativi e giurisprudenziali ha determinato il vizio di violazione di legge dell’articolo 243 bis del Tuel.

In diretta connessione con tale vizio, l’Ente confuta le ragioni che hanno indotto la Sezione regionale a formulare un giudizio di inattendibilità ed incongruenza del piano ed in particolare, in merito all’errata applicazione dell’art. 2, comma 6, del D.l. n. 78/2015, eccepisce che la Sezione regionale ha contestato la riduzione del disavanzo straordinario da riaccertamento da €. 11.217.108,68 a €. 2.191.581,26, per effetto dell’utilizzo della quota accantonata a titolo di anticipazione di liquidità pari a €. 9.025.527,42 ed ha rilevato, sulla base delle conclusioni della Commissione Arconet, che la riduzione del disavanzo può aver luogo solo a partire dal rendiconto 2015.

Al riguardo, il Comune richiama ampiamente la sentenza di queste Sezioni riunite n. 26/2016/EL nelle parti in cui si precisa che la normativa dell’art. 2, comma 6, del D.l. n. 78/2015 appare volta a preservare la piena operatività del fondo anticipazione liquidità nel nuovo regime di contabilità introdotto con il D.lgs. n. 118/2011, a non comprimere eccessivamente l’autonomia finanziaria degli Enti poiché il fondo anticipazione liquidità ha sì lo scopo di sterilizzare gli effetti della anticipazione ricevuta, ma nel contempo è pur sempre un fondo da svincolarsi a rate costanti per un importo non richiedibile in una unica soluzione e che trasferire le risorse del fondo anticipazione di liquidità nel fondo crediti di dubbia esigibilità non si traduce automaticamente in una surrettizia riduzione del disavanzo.

L’Ente richiama anche le conclusioni del Procuratore generale nel giudizio n. 528/SR/EL nella parte in cui si rilevava, tra l’altro, che l’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 tende ad evitare l’applicazione ai Comuni di un doppio vincolo quello del fondo anticipazione liquidità e quello del fondo crediti di dubbia esigibilità e che l’operazione contabile ivi consentita non comporta una surrettizia riduzione del disavanzo atteso che il Comune è comunque tenuto ad accantonare risorse adeguate a far fronte all’ipotesi di totale o parziale cancellazione dei residui attivi negli esercizi futuri.

Il Comune ricorrente si sofferma, poi, sulle deliberazioni della Sezione delle Autonomie n. 19/SEZAUT/2014/QMIG e n. 33/SEZAUT/2015/QMIG ove si precisa che l’istituto dell’anticipazione di liquidità è finalizzato a ricostituire risorse di cassa necessarie al pagamento di spese già finanziate e che pertanto l’anticipazione non può finanziare nuova spesa e proprio per evitare effetti espansivi di spesa è necessario che gli effetti dell’anticipazione di liquidità vengano sterilizzati provvedendo ad iscrivere nel titolo di spesa riguardante il rimborso dei prestiti una posta rettificativa, avente natura meramente finanziaria, corrispondente all’importo della coeva anticipazione riscossa in entrata al fine di impedire qualunque utilizzo in bilancio di dette risorse per la copertura di pregressi disavanzi ovvero di spese diverse e ulteriori rispetto alla finalità tipica del pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili previsti dalla legge.

Tali principi, aggiunge il ricorrente, hanno ricevuto l’avallo della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 181/2015, ha affermato che le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale e la loro ratio è quella di riallineare nel tempo la cassa degli Enti strutturalmente deficitari con la competenza.

Ad avviso del Comune di Locri, la corretta interpretazione dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 non può certamente prescindere dai canoni indicati dalla Corte dei conti e dalla Corte Costituzionale ed anche l’orientamento della Commissione Arconet, circa l’inapplicabilità della norma in sede di riaccertamento straordinario, deve collocarsi nell’ambito dei limiti normativi e giurisprudenziali non potendo avere alcun valore derogatorio o abrogativo della norma.

Il Comune ricorrente contesta, pertanto, la deliberazione impugnata proprio nella parte in cui prendendo le mosse dalla risposta Arconet differisce l’applicazione della norma di cui all’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 al rendiconto 2015 posto che la formulazione della norma non contiene alcun differimento di ordine temporale in ordine alla sua applicazione, è stata emanata nelle forme del decreto legge e ciò depone nel senso della sua immediata applicabilità ed, inoltre, lo stesso decreto legge prevedeva la possibilità di effettuare il riaccertamento straordinario entro il 15 giugno 2015 separando di fatto tale operazione dall’approvazione del rendiconto 2014.

3. Sostiene il Comune di Locri di aver legittimamente applicato la disposizione dell’art. 2, comma 6, del citato D.l. n. 78/2015 e che, sul punto, la deliberazione impugnata risulta inficiata da eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti e dei fatti poiché la Sezione regionale afferma, senza alcuna motivazione, che l’Ente, con la deliberazione consiliare n. 23/2015, avrebbe indebitamente modificato il disavanzo da riaccertamento straordinario dei residui, effettuato con delibera di Giunta n. 51/2015, generando un vietato effetto espansivo della spesa.

Ad avviso dell’Ente, tali valutazioni sono totalmente erronee in quanto la stessa Sezione regionale ha evidenziato che il fondo crediti di dubbia esigibilità è pari a €. 10.616.730,61, a fronte di una quota di accantonamento ex art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, di importo minore pari a €. 9.025.527,42 e residuando una differenza di €. 1.591.203,19 appare impossibile un effetto espansivo della spesa non essendosi verificata alcuna liberazione di risorse dal fondo crediti e tale importo appare anche maggiore di quasi cinque volte rispetto all’ammontare della quota annuale di ripiano trentennale dell’anticipazione di liquidità.

Parimenti erronee risulterebbero, ad avviso dell’Ente, le affermazioni della Sezione Calabria inerenti la modifica del disavanzo da riaccertamento straordinario in sede di deliberazione consiliare n. 23/2015 poiché in tale delibera non vi è alcuna riduzione del dato del disavanzo che continua ad essere indicato in €. 11.217.108,68, come specificato nella parte dispositiva del provvedimento ove sono stabilite le modalità di ripiano del predetto disavanzo “finanziato” per €. 9.025.527,42 con le quote vincolate attribuite dall’Ente. Né la Commissione ministeriale durante la fase istruttoria ha segnalato indebite modifiche del disavanzo.

Osserva, inoltre, l’Ente quale ulteriore vizio della deliberazione impugnata, anche sotto il profilo della contraddittorietà, che la Sezione regionale ha affermato che la predetta norma dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 comporta una riduzione del disavanzo con riferimento al rendiconto 2015 e pertanto la rilevanza contabile della censura si ridurrebbe alla differenza per il solo anno 2014 del calcolo della quota annuale di ripiano a carico del bilancio comunale che, secondo la Sezione regionale, avrebbe dovuto essere non di €. 73.052,71, come sostenuto dal Comune, ma di €. 287.518,52 per tutto il trentennio.

4. Con ulteriore motivo di ricorso, il Comune di Locri dichiara che tutte le seguenti ulteriori censure della deliberazione impugnata costituiscono gli effetti di un unico errore nel quale è incorsa la Sezione nel valutare i dati esposti nel piano di riequilibrio rilevando il risultato d’amministrazione negativo per l’esercizio 2015; il disequilibrio della parte corrente per l’esercizio 2016, in quanto l’Ente ha impegnato spese superiori alle entrate accertate ed il mancato raggiungimento, nell’esercizio 2016, dell’obiettivo previsto di conseguire un avanzo di parte corrente di €. 86.049,77, necessario alla copertura della quota (sottostimata) del disavanzo straordinario di amministrazione. In particolare, la Sezione regionale non avrebbe tenuto conto nell’accertamento delle entrate del fondo pluriennale vincolato di parte corrente che costituisce voce rilevante del saldo finanziario di competenza mista e pertanto agli accertamenti in entrata derivanti dalla somma dei primi tre titoli di €. 7.081.215,00 va aggiunto l’importo del fondo pluriennale vincolato di parte corrente di €. 2.818.471,18 ed il totale così ricavato pari a €. 9.899.686,18 risulterebbe superiore alle spese impegnate nell’esercizio 2016 per €. 7.993.732,78, con un saldo positivo di €. 1.905.953,40.

Il Comune aggiunge che il risultato di amministrazione 2015 è positivo e che non sussiste alcun disequilibrio di parte corrente per il 2016 ma un rilevante avanzo di €. 1.141.774,82 in grado di garantire anche la copertura della quota annuale di disavanzo straordinario erroneamente calcolata dalla deliberazione impugnata in €. 287.518,52.

In merito alle ulteriori criticità indicate dalla Sezione competente, il Comune di Locri richiama la giurisprudenza di queste Sezioni riunite ove si sottolinea, tra l’altro, che il giudizio di congruità del piano non impone una valutazione di certezza assoluta priva di margini di errori purché sostanzialmente irrilevanti e tale giudizio deve essere compiuto con una visione dinamica onde apprezzare la ragionevole probabilità, con visione prospettica, del percorso di risanamento dell’Ente.

Peraltro, la stessa Sezione regionale ha rilevato miglioramenti nella riscossione dei residui ed una riduzione degli impegni di spesa nel triennio 2014-2016 e ciò, ad avviso dell’Ente, comporterebbe il venir meno della condizione di strutturalità dello squilibrio posto che il basso grado di riscossione di residui attivi è rilevabile in generale per i Comuni del sud-Italia, come affermato dalla Sezione delle Autonomie, in data 29 maggio 2014, in sede di audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sullo schema di decreto legislativo correttivo al D.lgs. n. 118/2011.

Si assiste, inoltre, secondo le prospettazioni dell’Ente, ad un miglioramento della situazione di cassa ed i fondi a destinazione vincolata risultano interamente ricostituiti, mentre i debiti fuori bilancio degli esercizi 2012, 2013 e 2014 sono stati pagati per l’importo complessivo di €. 1.202.065,00; sono stati riconosciuti ulteriori debiti con deliberazioni consiliari n. 3/2015, n. 11/2015 e n. 14/2015 non ricompresi nel piano perché liquidati prima dell’adozione dello stesso e relativamente ai debiti inseriti nel piano, l’Ente ha specificato che, per il debito riconosciuto con delibera di Consiglio n. 40/2015, è stato convenuto un accordo con il creditore; il debito riconosciuto con deliberazione n. 49/2015 è stato rideterminato ed il debito, derivante da sentenza riconosciuto con deliberazione n. 45/2015, è stato liquidato parimenti ad altri debiti ed al debito da deliberazione consiliare n. 46/2015.

L’Ente contesta anche le censure riguardanti il mancato pagamento di parte dei debiti e la carenza di accordi transattivi con i vari creditori rilevando che i responsabili di settore hanno dichiarato che non esistono alla data della deliberazione della Sezione regionale Calabria altri debiti e che, per i debiti fuori bilancio riconosciuti dall’Ente nel 2015 sono stati emessi mandati di pagamento per €. 262.739,52 e €. 59.413,76 per transazioni; nell’esercizio 2016, sono stati emessi mandati di pagamento per €. 246.821,90 e €. 49.746,29 per transazioni e con deliberazione consiliare n. 44 del 30/12/2016 sono stati riconosciuti ulteriori debiti e si è dato atto che nel piano è previsto un accantonamento progressivo di risorse per passività potenziali.

5. Aggiunge, inoltre, l’Ente ricorrente di aver conseguito un ulteriore risparmio della spesa del personale; che possiede partecipazioni societarie irrisorie che non hanno comportato oneri e che vanta i seguenti crediti: €. 3.343.041,05 nei confronti del Ministero della Giustizia, a titolo di rimborso spese anticipate per il funzionamento degli uffici giudiziari e €. 3.646.403,89 nei confronti dell’azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria che ha riconosciuto il debito.

A sostegno della domanda cautelare, l’Ente rileva che, in caso di dissesto, le risorse economiche riconosciute per legge, non sarebbero più nella disponibilità del Comune e neppure dell’organo di liquidazione poiché il Ministero dell’economia e finanze, su quesito della Cassa Depositi e Prestiti, ha ritenuto che gli Enti in dissesto possono richiedere l’anticipazione di liquidità esclusivamente per debiti non rientranti nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione.

In data 13 aprile 2017, il Comune ricorrente ha depositato, presso la segreteria di queste Sezioni riunite, la seguente ulteriore documentazione: dichiarazioni di accettazione di alcuni creditori di una dilazione del pagamento fino al 31 dicembre 2017, senza ulteriori oneri, in relazione al debito di €. 420.000,00 derivante da sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria e deliberazione n. 262/2015 del Direttore generale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria avente ad oggetto la definizione di partite debitorie sospese della Città di Locri per utenze iscritte a ruolo di fornitura idrica e TARSU/TARES/TARI.

In conclusione, il Comune di Locri chiede l’accoglimento del ricorso e per l’effetto la riforma e/o l’annullamento della deliberazione impugnata e l’approvazione del piano di riequilibrio finanziario.

6. Con memoria, depositata in data 20 aprile 2017, si è costituito nel presente giudizio il Procuratore generale che, dopo aver riassunto le valutazioni della Sezione regionale e le doglianze dell’Ente, osserva, in via preliminare, che il ricorso risulta notificato solo alla Procura generale; che il Pubblico ministero è interveniente necessario ai sensi dell’art. 127 del codice di giustizia contabile e che deve essere disattesa e respinta l’istanza cautelare formulata dall’Ente poiché non viene data dimostrazione di alcun pregiudizio che possa derivare dalla impugnata deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Calabria.

6.1 Nel merito, il Procuratore generale ritiene che la possibilità di far confluire l’anticipazione di liquidità al fondo crediti di dubbia esigibilità, ai fini dell’accantonamento nel risultato di amministrazione, è attuabile a partire dal rendiconto 2015 dovendo la verifica di congruità del fondo crediti essere effettuata proprio dal rendiconto 2015.

Eccepisce, inoltre, il rappresentante del Pubblico ministero che il Consiglio comunale non era competente, in base alla normativa sull’armonizzazione, a modificare il disavanzo di amministrazione precedentemente accertato trattandosi di competenze proprie della Giunta, dovendosi, invece, limitare ad individuare le modalità di ripiano dell’extradeficit.

Aggiunge il Procuratore generale che dalla deliberazione consiliare n. 23/2015 emerge che l’Ente ha utilizzato l’anticipazione di liquidità per ridurre direttamente il disavanzo finanziandolo di fatto, mentre il D. M. del 2 aprile 2015, tra le modalità di finanziamento, non contempla tale possibilità posto che l’anticipazione di cassa non può finanziare il disavanzo e men che meno quello conseguente al riaccertamento straordinario dei residui.

Ad avviso del Pubblico Ministero, l’allegato 5/2, riportato nella predetta delibera di Consiglio comunale n. 23/2015, è sensibilmente differente e modificativo dell’allegato 5/2 approvato dalla Giunta in sede di riaccertamento straordinario dei residui posto che, con la successiva deliberazione consiliare, il Comune di Locri ha cancellato il vincolo di €. 564.973,36 definito ad “investimenti”, mentre, secondo la delibera di Giunta si trattava di un vincolo derivante da “trasferimenti” ed ha poi indicato un fondo crediti di dubbia esigibilità di importo superiore di poco più di tre milioni rispetto al dato del prospetto approvato dalla Giunta.

Secondo le valutazioni della Procura generale, l’Ente, quindi, ha usato l’anticipazione di liquidità di €. 9.025.527,42 per ridurre il disavanzo di amministrazione ponendo in essere una grave illegittimità contabile, in contrasto con i principi di diritto espressi da queste Sezioni riunite, con sentenza n. 26/2016/EL, dal Giudice delle leggi con sentenza n. 181/2015 e dalla Sezione delle Autonomie.

Conseguentemente ritiene il Procuratore generale che, ai fini dell’individuazione del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, bisognerebbe aver riguardo non tanto alla deliberazione consiliare n. 23/2015 che si palesa invalida, ma alla deliberazione di Giunta n. 51/2015 ove la composizione del risultato di amministrazione determinato a seguito del riaccertamento straordinario dei residui non presenta la quota relativa all’anticipazione di liquidità ed il disavanzo è riportato in €. 8.625.555,77; ma, dovendosi necessariamente aggiungere al predetto disavanzo l’accantonamento per fondo anticipazioni di liquidità di €. 9.025.527,42, il disavanzo avrebbe dovuto assommare a €. 17.651.083,19, importo ben più elevato di quello rideterminato, con la deliberazione consiliare n. 23/2015, in €. 11.217.108,68.

6.2 Lasciano poi, perplesso, il Procuratore generale le censure dell’Ente incentrate sulla presunta affermazione della Sezione regionale che, nella delibera di Giunta n. 51/2015, il fondo crediti risulta pari a €. 10.616.730,61, a fronte di una quota di accantonamento, ex art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, di minore importo; ad avviso del Pubblico ministero, infatti, la Sezione regionale non ha fatto tali affermazioni né avrebbe potuto poiché, alla data della delibera di Giunta del 18 maggio 2015, l’Ente non poteva certo avvalersi di una disposizione che sarebbe entrata in vigore successivamente in data 20 giugno 2015.

Se poi tali argomentazioni fossero dirette ad affermare che il fondo crediti di dubbia esigibilità risulterebbe maggiore dell’anticipazione e ciò dovrebbe impedire un effetto espansivo della spesa, il Procuratore rileva che, anche riducendosi il fondo crediti, questo deve comunque essere ricostituito nel suo ammontare nel rispetto dei principi contabili e che, in ogni caso, le evidenze contabili risultanti dai documenti agli atti rendono complessa la ricostruzione finanziaria dell’Ente, viste le marcate e reiterate incongruenze.

Aggiunge il Procuratore generale che l’Ente presenta anche ulteriori gravi criticità, in ordine al disequilibrio di parte corrente che, già nell’esercizio 2016, mina gli obiettivi di risanamento previsti nel piano, per le difficoltà di reperire le risorse necessarie a sostenere le spese previste in bilancio, per la bassa capacità di riscossione dei residui e per il mancato pagamento di parte dei debiti fuori bilancio. 

In conclusione, il Procuratore generale chiede che il ricorso venga respinto e che, per l’effetto, sia confermata la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Calabria n. 13/2017.

7. Nell’udienza pubblica odierna, il difensore ha depositato la deliberazione di Giunta comunale n. 37 del 20 aprile 2017 recante l’approvazione dello schema di rendiconto dell’esercizio 2016 e della relazione sulla gestione al fine di comprovare il miglioramento del risultato di amministrazione 2016 del Comune di Locri, rispetto al dato del precedente esercizio.

Il difensore dell’Ente ha, inoltre, ribadito che le operazioni contabili, effettuate ai sensi dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, non hanno generato effetti espansivi della spesa e che la differenza tra l’importo del disavanzo da riaccertamento straordinario indicato nella deliberazione di Giunta n. 51/2015 e l’importo acclarato dalla successiva deliberazione consiliare n. 23/2015, contestata dal Procuratore, deve ritenersi ascrivibile all’applicazione del principio di prudenza che ha comportato un incremento del fondo crediti di dubbia esigibilità, mentre non è stato modificato il risultato di amministrazione.

E se pure l’Ente, al pari di altri Comuni, ha applicato in via anticipata la norma di cui all’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, deve considerarsi che tale disposizione comunque avrebbe dovuta essere applicata in sede di rendiconto 2015.

Il difensore, ha, poi, insistito sulle doglianze afferenti le presunte errate determinazioni della Sezione regionale in materia di mancato computo del fondo pluriennale vincolato di entrata nel calcolo del risultato della gestione di competenza ed ha contestato le eccezioni della Procura generale in merito alla cancellazione, in sede di delibera di Consiglio comunale n. 23/2015, del vincolo di €. 564.973,36 definito dall’Ente ad investimenti, mentre, nell’allegato 5/2 alla delibera di Giunta era relativo a trasferimenti, affermando, invece, la medesima identità del vincolo apposto.

In conclusione, il difensore del Comune di Locri, dopo aver richiamato i propri atti defensionali, insiste per l’accoglimento del ricorso.

Il Procuratore generale, nel richiamarsi integralmente alla memoria già depositata, ha osservato che l’Ente, all’esito del riaccertamento straordinario, si è avvalso erroneamente della norma introdotta dal D.l. n. 78/2015 ed ha ribadito l’incompetenza del Consiglio comunale alla modifica dei dati scaturenti dal predetto riaccertamento straordinario.

Il Procuratore generale ha, inoltre, elencato svariate incongruenze delle operazioni di riaccertamento straordinario quali la cancellazione del vincolo per “trasferimenti”, indicato erroneamente per “investimenti” e l’assenza nell’allegato 5/2 alla deliberazione di Giunta n. 51/2015 della quota accantonata a titolo di fondo anticipazioni di liquidità che, invece, se correttamente computata, avrebbe determinato un incremento del disavanzo complessivo sino a 17 milioni di euro circa.

Infine, il Pubblico ministero ha eccepito che l’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 può trovare applicazione soltanto in seguito alle verifiche di congruità del fondo crediti che dovevano effettuarsi in sede di rendiconto 2015.

Pertanto, il Procuratore generale conclude perché sia confermata la deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Calabria.

L’avvocato ha replicato brevemente osservando che il fondo crediti di dubbia esigibilità dell’Ente è stato calcolato nel rispetto dell’esempio n. 5 dell’allegato 4/2 al D.lgs. n. 118/2011.

DIRITTO

1. Preliminarmente, il Collegio rileva che il presente giudizio rientra nella propria giurisdizione esclusiva in materia di contabilità pubblica, ai sensi dell’art. 11, comma 6, lett. a) del D.lgs. 26/08/2016 n. 174, recante il codice di giustizia contabile che attribuisce a queste Sezioni riunite la piena ed esclusiva giurisdizione, in unico grado, in materia di piani di riequilibrio degli Enti territoriali ed ammissione al fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli Enti locali.

La disposizione del codice di giustizia contabile appena richiamata appare, peraltro, confermativa della norma già contenuta all’art. 243 quater, comma 5, del Tuel che prevede la giurisdizione esclusiva di queste Sezioni riunite, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, per l’impugnazione delle delibere delle Sezioni regionali di controllo di approvazione o di diniego dei piani di riequilibrio.

2. Sempre, in via preliminare, deve osservarsi che queste Sezioni riunite, con sentenza n. 6/2015/EL depositata in data 13 marzo 2015, accertavano la tardività del piano di riequilibrio rimodulato dal Consiglio comunale di Locri, con deliberazione del 27 gennaio 2014 n. 1 e pertanto l’Ente avrebbe dovuto dare seguito al piano di riequilibrio come precedentemente rimodulato con deliberazione n. 11/2013, per effetto dell’ottenimento dell’anticipazione di liquidità.

Dalla deliberazione consiliare agli atti del giudizio n. 15 del 29 aprile 2015 emerge, invece, che il Comune di Locri si è avvalso della disposizione dell’art. 1, comma 573 bis, della L. n. 147/2013 inserita dall'art. 3 del D. L. n. 16/2014 che, nella formulazione all’epoca vigente, consentiva, nelle ipotesi di  diniego di approvazione del piano da parte della competente Sezione regionale o delle Sezioni riunite di riproporre, in presenza di specifici presupposti, un nuovo piano di riequilibrio agli Enti che avevano presentato il piano nell’anno 2013.

La scelta da parte dell’Ente della “riproposizione” di un nuovo piano di riequilibrio, sebbene irritualmente verificatasi perché il giudicato di queste Sezioni riunite accertava la tardività della rimodulazione operata dalla nuova amministrazione e non si estendeva al diniego di approvazione del piano, non assume, tuttavia, carattere dirimente nel presente giudizio poiché, con l’introduzione del nuovo sistema di armonizzazione contabile, proprio a decorrere dall’esercizio 2015, l’Ente avrebbe dovuto, comunque, aggiornare il piano nel rispetto della nuova normativa, come chiarito dalla Sezione delle Autonomie che, già con deliberazione n. 4/SEZAUT/2015/INPR del 24 febbraio 2015, aveva chiarito che: “l’attuazione in corso di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis del TUEL deve essere coordinata con le attività propedeutiche all’introduzione della contabilità armonizzata che, in ogni caso, devono essere tempestivamente e regolarmente eseguite”.  

Deve aggiungersi che la stratificazione di molteplici disposizioni normative in materia di rimodulazione e riformulazione dei piani di riequilibrio poteva, al contempo, generare uno stato di incertezza negli Enti locali.

3. Le operazioni di passaggio necessarie all’applicazione del nuovo sistema di contabilità armonizzata imposte dall’art. 3 del D.lgs. 23/06/2011 n. 118, come emendato dal D.lgs. 10/08/2014 n. 126, appaiono, pertanto, direttamente in grado di ripercuotersi sull’attività programmatoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale in quanto finalizzate a definire specifiche grandezze contabili, quali il fondo pluriennale vincolato, il fondo crediti di dubbia esigibilità e l’eventuale “maggiore disavanzo”.

Nell’ambito dell’esame dei fattori di squilibrio e delle valutazioni sulla congruità del piano deve, quindi, porsi particolare attenzione all’analisi delle operazioni di avvio della riforma di armonizzazione contabile, così come emerge dalla deliberazione impugnata della Sezione Calabria che ha provveduto ad esaminare le operazioni di riaccertamento straordinario previste dal citato D.lgs. n. 118/2011 all’esito delle quali il Comune di Locri ha rimodulato il piano, limitatamente al maggior disavanzo da riaccertamento, indicando, ai fini del ripiano, la rata trentennale di €. 73.052,71.

Dalla documentazione agli atti del presente giudizio emerge che il Comune di Locri, con deliberazione di Giunta n. 51 del 18/05/2015, ha determinato l’importo del “maggior disavanzo” da riaccertamento straordinario in €. 8.625.555,77 ed il fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) in €. 10.616.730,61.

Con successiva deliberazione di Consiglio comunale n. 23 del 24/07/2015, anch’essa agli atti ed avente ad oggetto l’individuazione delle modalità di ripiano del disavanzo da riaccertamento straordinario, l’Ente, dopo aver richiamato ed illustrato i dati riportati nella predetta delibera di Giunta tra cui l’importo del maggiore disavanzo di €. 8.625.555,77, ha modificato, senza, peraltro, fornire alcun supporto motivazionale, sia l’importo del maggiore disavanzo che da €. 8.625.555,77 diveniva di €.  11.217.108,68, sia l’importo del FCDE accantonato al 1° gennaio 2015, che passava da €. 10.616.730,61 della delibera di Giunta a €. 13.773.256,88 della deliberazione consiliare ed ha poi ritenuto di detrarre dal predetto disavanzo di €. 11.217.108,68, la quota ritenuta utilizzabile ai sensi dell’art. 2, comma 6, del D.l. n. 78/2015 pari a €. 9.025.527,42 pervenendo ad un “maggior disavanzo” di €. 2.191.581,26, da ripianare in quote trentennali di €. 73.052,71.

Queste Sezioni riunite rilevano che la combinazione delle operazioni contabili effettuate dall’Ente appare non consentita dall’ordinamento contabile vigente e si pone in evidente contrasto con l’art. 3, commi 7 e 8, del D.lgs. n. 118/2011, con gli articoli 1 e 2 del D. M. 2 aprile 2015, con l’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 e con i principi di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità dei bilanci contenuti nell’allegato n. 1 al citato D.lgs. n. 118/2011.

3.1 L’art. 3, comma 7, del D.lgs. n. 118/2011 dispone che le amministrazioni pubbliche, al fine di adeguare i residui attivi e passivi risultanti al  1° gennaio 2015  al  principio generale  della  competenza  finanziaria, devono provvedere con delibera di Giunta, previo parere dell'organo di revisione economico-finanziario, contestualmente all'approvazione del rendiconto dell’esercizio 2014, al riaccertamento straordinario dei residui ed il comma 8 della medesima norma aggiunge che l’operazione di riaccertamento straordinario costituisce oggetto di un unico atto deliberativo.

Trattasi, sulla base della disciplina appena richiamata, di un’attività riservata dal legislatore alla esclusiva competenza della Giunta alla quale deve seguire la deliberazione consiliare diretta a rendere edotto il Consiglio comunale dell’ammontare dell’eventuale disavanzo conseguente alle operazioni di riaccertamento straordinario affinché si possano assumere i provvedimenti di copertura di tale “maggior disavanzo”, nel rispetto della normativa appositamente introdotta dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 2 aprile 2015, emanato di concerto con il Ministro dell’Interno, in esecuzione dell’art. 3, commi 15 e ss. del D.lgs. n. 118/2011.

Ad avviso di queste Sezioni riunite, pertanto, il Comune di Locri, in sede di deliberazione consiliare finalizzata alla definizione delle modalità di ripiano del disavanzo, non poteva modificare i dati conseguenti alle operazioni di riaccertamento straordinario effettuate integrandosi una manifesta violazione dell’art. 3, commi 7 e 8, del D.lgs. n. 118/2011 non soltanto per il palese vizio di incompetenza del Consiglio, correttamente eccepito dal Procuratore generale, ma anche perché il complesso delle operazioni di carattere matematico-contabile, riportate nei prospetti dimostrativi allegati 5/1 e 5/2 così come definiti dal citato D.lgs. n. 118/2011, contempla una serie di calcoli concatenati per cui anche la sola modifica di un dato si ripercuote sul complesso delle determinazioni assunte dall’Ente.

Deve, inoltre, porsi in evidenza che il legislatore dell’armonizzazione, al paragrafo 9.3 dell’allegato n. 4/2 al D.lgs. n. 118/2011, specifica che: “al fine di evitare comportamenti opportunistici, non è possibile effettuare il riaccertamento straordinario dei residui attraverso successive deliberazioni” ed al paragrafo 11.10 aggiunge che: “il riaccertamento straordinario è disposto con un'unica delibera di giunta ma, a differenza del riaccertamento ordinario, non sono ammessi provvedimenti di riaccertamento parziale”.

Peraltro, anche la relazione dell’Organo di revisione recante il parere sulla deliberazione di riaccertamento straordinario dei residui, resa con verbale n. 10 del 18/05/2015 ed anch’essa agli atti del presente giudizio, riporta i medesimi importi contenuti nella deliberazione di Giunta n. 51 del 18/05/2015, sia per il fondo crediti di dubbia esigibilità di €. 10.616.730,61, che per il maggiore disavanzo di €. 8.625.555,77.

Per effetto della modifica dei dati apportata con la deliberazione consiliare n. 23/2015, il fondo crediti di dubbia esigibilità ammonta, invece, a €. 13.773.256,88 ed il maggiore disavanzo a €. 11.217.108,68, generando, ad avviso di questo Giudice, un’assoluta incertezza sia sul dato effettivo del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) che sul dato del “maggior disavanzo”.

Ritengono queste Sezioni riunite che il fondo crediti di dubbia esigibilità, quale quota accantonata del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, doveva essere cristallizzato in sede di deliberazione di Giunta e che risulta, pertanto, violato dall’Ente il disposto dell’art. 3, comma 7, lett. e) che, nell’ambito delle operazioni di riaccertamento straordinario, prescrive l’accantonamento di una quota del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015 al fondo crediti di dubbia esigibilità da determinare secondo i criteri indicati nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all'allegato n. 4/2. Tale vincolo di destinazione opera anche se il risultato di amministrazione non è capiente o è negativo (disavanzo di amministrazione).

La Sezione delle Autonomie, già con deliberazione n. 4/SEZAUT/2015/INPR, ha precisato che il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di Regioni ed Enti locali e l’istituzione di un “idoneo” fondo crediti di dubbia esigibilità costituiscono strumenti basilari per l’avvio della nuova contabilità e per la salvaguardia dell’equilibrio unitario della finanza pubblica, che trova nei novellati articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione il parametro cui deve informarsi l’attuazione della predetta disciplina.

Deve, inoltre, evidenziarsi che l’emergere di un disavanzo di amministrazione, a seguito dell’accantonamento, al 1° gennaio 2015, al fondo crediti di dubbia esigibilità è sintomo dell’impiego di risorse di cui l’Ente non aveva disponibilità. (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 32/SEZAUT/2015/INPR).

3.2 Rilevano queste Sezioni riunite che anche l’importo del maggiore disavanzo da riaccertamento straordinario oggetto del ripiano ha subito una mutamento da €. 8.625.555,77 della delibera di Giunta n. 51/2015 a €. 11.217.108,68 della deliberazione di Consiglio n. 23/2015 e l’incertezza di tale dato, oltre che contrastare con i principi di veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità oramai consacrati dal legislatore nell’allegato n. 1 al citato D.lgs. n. 118/2011, è destinata a riverberarsi anche sulla corretta determinazione dei fattori di squilibrio incidenti sul piano di riequilibrio dell’Ente posto che al disavanzo da ripianare in dieci anni, secondo le procedure dell’art. 243 bis del Tuel, deve aggiungersi, nel rispetto dell’art. 3, comma 16, del D.lgs. n. 118/2011, il maggiore disavanzo da riaccertamento straordinario ripianabile a quote costanti nel termine di trenta anni.

Tale situazione di incertezza sembra confermata anche dalla deliberazione consiliare n. 12 del 12/05/2016, recante l’approvazione del rendiconto 2015 (allegato n. 13 al ricorso) che, nel richiamare a pag. 4 la deliberazione di Giunta n. 51/2015, rammenta che tale delibera quantificava il disavanzo da riaccertamento straordinario in €. 2.191.581,26, ma tale ultimo dato non risulta espresso dalla predetta delibera di Giunta e compare solo successivamente nella deliberazione consiliare n. 23/2015.

3.3 Questo Giudice rileva, inoltre, la violazione dell’art. 2, comma 2, del D. M. 2 aprile 2015 ove si prescrive che le modalità di ripiano sono definite tempestivamente con deliberazione consiliare, in ogni caso non oltre 45 giorni dalla data di approvazione della delibera di Giunta concernente il riaccertamento straordinario.

Nella fattispecie all’esame del Collegio, invece, la deliberazione consiliare n. 23/2015 contenente, peraltro come già illustrato, i dati modificati rispetto alle operazioni approvate dalla Giunta in data del 18 maggio 2015, è intervenuta in data 24 luglio 2015, ben oltre il predetto termine di 45 giorni.

3.4 L’esame degli allegati 5/1 e 5/2 alla su richiamata deliberazione di Giunta n. 51/2015, imposti dall’art. 3, comma 8, del D.lgs. n. 118/2011, pone in luce anche la errata determinazione del calcolo del fondo pluriennale vincolato che, nell’allegato 5/1, è indicato in €. 9.137.725,75, mentre nell’allegato 5/2 è riportato in €. 7.281.099,30, in contrasto anche con le indicazioni riportate nella nota n. 2 del medesimo allegato 5/2 che prescrivono di sommare il fondo pluriennale vincolato in conto capitale, calcolato dall’Ente in €. 9.137.725,75, con il fondo pluriennale vincolato di parte corrente che, qualora negativo, (come nel caso dell’Ente, per €. 1.856.626,45) l’allegato 5/1 impone di indicare in “zero” e conseguentemente doveva essere indicata la somma tra €. 9.137.725,75 e zero e non l’importo di €. 7.281.099,30.

L’Ente ha, quindi, erroneamente detratto l’importo di €. 1.856.626,45, riducendo, di fatto, l’importo complessivo del fondo pluriennale vincolato, posta contabile destinata ad incidere sul calcolo del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015 e da iscrivere in entrata del bilancio 2015-2017, relativamente all’esercizio 2015.

Questo Giudice reputa, al riguardo, inconferenti le censure mosse dall’Ente all’operato della Sezione regionale che ha contestato un saldo negativo tra accertamenti ed impegni dell’esercizio 2016, senza tener conto, ad avviso dell’Ente, dell’importo del “solo” fondo pluriennale vincolato in parte entrata rilevato che tale fondo è finalizzato a finanziare le spese già impegnate che si renderanno esigibili in un determinato esercizio e non può, certamente, contribuire a garantire la copertura delle quote di maggior disavanzo di amministrazione determinato all’esito delle operazioni di riaccertamento straordinario.

Infatti, il fondo pluriennale vincolato in entrata è già finanziato e formato e rappresenta fonte di copertura, già realizzata, di spese a carattere pluriennale (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 9/SEZAUT/2016/INPR).

Come ribadito anche dal Giudice delle Leggi, dall’applicazione del principio della competenza finanziaria potenziata deriva la necessità di istituire il fondo pluriennale vincolato, il quale serve a garantire gli equilibri del bilancio nei periodi intercorrenti tra l’acquisizione delle risorse ed il loro impiego. Detto fondo è costituito da risorse accertate, destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell’Ente già impegnate ed esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l’entrata (Corte Costituzionale, sentenza n. 6/2017).

3.5 Dall’esame delle operazioni di riaccertemento straordinario, si ravvisa, inoltre, un’ulteriore irregolarità contabile posto che, come correttamente rilevato dalla Procura generale, l’allegato 5/2 alla deliberazione di Giunta n. 51/2015 espone, nella parte vincolata della composizione del risultato di amministrazione, il vincolo per “trasferimenti” di €. 564.973,36, mentre, la deliberazione consiliare n. 23/2015 avente ad oggetto il ripiano del maggior disavanzo, al punto 2), dispone la cancellazione del vincolo che, inspiegabilmente, muta denominazione divenendo finalizzato ad “investimenti” per il diverso importo di €. 565.973,36.

Tale operazione, oltre che confermare, a avviso di questo Organo Giudicante, lo stato di assoluta incertezza della situazione contabile dell’Ente, appare integrare una grave irregolarità contabile poiché il Comune di Locri, solo per effetto del mutamento della qualificazione del vincolo ne ha disposto la cancellazione e l’utilizzo a copertura del maggior disavanzo in contrasto con il disposto dell’art. 2, comma 8, del D.m. 2 aprile 2015, che, nel prevedere le modalità di ripiano del maggior disavanzo, contempla la possibilità della cancellazione del vincolo di generica destinazione agli “investimenti”, ma non certo l’eliminazione dei vincoli per “trasferimenti”.

Infatti, i vincoli per “trasferimenti” soggiacciono ad una rigorosa disciplina e l’intera novella del D.lgs. n. 118/2011 detta una specifica normativa per i vincoli derivanti dai trasferimenti disponendo, tra l’altro, che le previsioni di competenza relative ai trasferimenti in conto capitale concorrono alla determinazione del pareggio finanziario complessivo degli Enti locali (art. 162 del Tuel) e che costituiscono quota vincolata del risultato di amministrazione le entrate accertate e le corrispondenti economie di bilancio derivanti da trasferimenti erogati a favore dell'Ente per una specifica destinazione (art. 187, comma 3 ter, lett. c, del Tuel).

4. Nel presente giudizio assume rilevanza anche la disposizione dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 di cui il Comune di Locri ha dichiarato di avvalersi con la deliberazione consiliare n. 23/2015 e che consente agli Enti destinatari delle anticipazioni di liquidità di utilizzare “la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle erogazioni, ai fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione”.

4.1 In primo luogo occorre accertare se l’Ente aveva, già antecedentemente alle operazioni di riaccertamento straordinario, fornito piena evidenza contabile al fondo anticipazioni di liquidità provvedendo ad accantonare nel risultato di amministrazione un fondo pari all’anticipazione di liquidità erogata, ai sensi del D. L. n. 35/2013, dalla Cassa Depositi e Prestiti.

E’ evidente, infatti, che la norma dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015 presuppone l’esistenza di un fondo accantonato al fine di sterilizzare gli effetti sul risultato di amministrazione delle anticipazioni di liquidità impedendo un illegittimo ampliamento della capacità di spesa dell’Ente.

La Sezione delle Autonomie, già con deliberazione n. 19/SEZAUT/2014/QMIG, ha chiarito che dalla riconosciuta natura di anticipazione delle somme erogate ai sensi degli artt. 2 e 3 del D. L. n. 35/2013 appare evidente che il legislatore ha voluto escludere che esse potessero concorrere alla determinazione del risultato di amministrazione generando effetti espansivi sulla capacità di spesa ed, a tal fine, ha individuato, quale soluzione percorribile, la costituzione di un apposito fondo vincolato (ad es. “Fondo Speciale destinato alla restituzione dell’anticipazione ottenuta”), pari all’importo dell’anticipazione assegnata da ridursi progressivamente dell’importo pari alle somme annualmente rimborsate a norma delle disposizioni di legge e contrattuali.

In seguito all’entrata in vigore del nuovo regime di armonizzazione contabile, la Sezione delle Autonomie, con ulteriore deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/QMIG, ha enunciato i seguenti principi di diritto: “nei bilanci degli Enti locali soggetti alle regole dell’armonizzazione contabile, la sterilizzazione degli effetti che le anticipazioni di liquidità erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla l. 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, integrazioni e rifinanziamenti, producono sul risultato di amministrazione va effettuata stanziando nel Titolo della spesa riguardante il rimborso dei prestiti un fondo, non impegnabile, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio, la cui economia confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata ai sensi dell’art. 187 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Il fondo di sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidità va ridotto, annualmente, in proporzione alla quota capitale rimborsata nell’esercizio”.

Come chiarito dalla Corte Costituzionale, un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata delle norme porta a concludere che le anticipazioni di liquidità altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di più lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie (Corte Costituzionale, sentenza n. 181/2015).

Nella parte descrittiva del programma di risanamento, contenuto nella sezione seconda del piano di riequilibrio, allegato alla deliberazione consiliare n. 15/2015 di approvazione del piano ed agli atti del giudizio, si afferma (pag. 37) che la contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità sul bilancio 2013 è in entrata al Titolo V, codice SIOPE 5311, “Mutui e prestiti da Enti del settore pubblico” ed in uscita al Titolo III, codice SIOPE 3301 “Fondo destinato alla restituzione dell’anticipazione ottenuta da Cassa Depositi e Prestiti per assicurare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni”.

Tale fondo di accantonamento che l’Ente dichiara aver costituito già in sede di bilancio 2013, avrebbe dovuto, quindi, trovare piena rappresentazione contabile proprio nell’allegato 5/2 al D.lgs. n. 118/2011 recante il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione alla data del riaccertamento straordinario e predisposto con la deliberazione di Giunta n. 51/2015.

Tuttavia, queste Sezioni riunite rilevano che la composizione del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, così come elaborata dal Comune di Locri, sia nella più volte citata deliberazione di Giunta n. 51/2015 che nel prospetto 5/2 ad essa allegato, non contempla, tra le quote accantonate del risultato di amministrazione, il predetto fondo anticipazioni di liquidità, sussistendo, anche per tale posta, uno stato di assoluta incertezza sull’effettiva costituzione del fondo che, si rammenta, doveva essere finalizzato a sterilizzare eventuali effetti espansivi della capacità di spesa.

4.2 Inoltre, la deliberazione consiliare n. 23/2015 che, come già rilevato da questo Giudice, contiene la non consentita modifica del fondo crediti di dubbia esigibilità e del maggiore disavanzo rispetto agli importi definiti dalla Giunta, apposta, nella parte “vincolata” del risultato di amministrazione, l’importo di €. 9.025.527,42 ottenuto a titolo di anticipazione di liquidità e, dopo aver richiamato la norma dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, detrare tale importo dal disavanzo straordinario con le seguenti indicazioni: “quota utilizzabile per come da art. 2 c. 6 del DL 78/2015”; “utilizzo di quote vincolate del risultato di amministrazione a seguito di vincoli formalmente attribuiti dall’Ente”; “quota ripianata con utilizzo quote di avanzo”.

Dalla deliberazione consiliare n. 23/2015, avente ad oggetto le modalità di ripiano del maggiore disavanzo da riaccertamento, emerge, quindi, la qualificazione della somma assegnata a titolo di anticipazioni di liquidità come “vincolo formalmente attribuito dall’Ente”, mentre, come chiarito dapprima dalla Sezione delle Autonomie con le citate pronunce e poi dall’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, trattasi di “quota accantonata” del risultato di amministrazione e non formalmente “vincolata” dall’Ente.

La differenza tra quota “accantonata” e quota “vincolata” del risultato di amministrazione, oltre che assumere primaria rilevanza per il legislatore dell’armonizzazione nell’ambito della composizione del risultato di amministrazione, appare particolarmente rilevante nella fattispecie in esame posto che l’art. 2, comma 8, lett. a), del D. M. 2 aprile 2015 contempla, tra le modalità di ripiano del maggiore disavanzo conseguente al riaccertamento straordinario, l’eventuale eliminazione del vincolo esclusivamente per le quote “vincolate” formalmente attribuite dall’Ente.

Secondo l’insegnamento del Giudice delle Leggi, poi, gli scostamenti dai principi del D.lgs. n. 118 del 2011 in tema di armonizzazione dei conti pubblici non costituiscono solamente un vizio formale dell’esposizione contabile, ma possono risultare strumentali ad una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio presidiati dall’art. 81 della Costituzione (Corte Costituzionale, sentenza n. 279/2016).

Osservano, infatti, queste Sezioni riunite che il Comune di Locri, dopo aver denominato l’importo delle risorse ottenute a titolo di anticipazione di liquidità alla stregua di un “vincolo” formalmente attribuito dall’Ente e non aver indicato nella composizione del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, definito in sede di delibera di Giunta, l’accantonamento di un apposito fondo finalizzato a sterilizzare il risultato di amministrazione, ha utilizzato tale “vincolo” per ripianare e ridurre il maggiore disavanzo scaturito dall’operazione di riaccertamento straordinario dei residui in violazione delle disposizioni dell’art. 3 del D.lgs. n. 118/2011, del D. M. 2 aprile 2015 e dell’art. 2, comma 6, del D.l. n. 78/2015 che presuppone, per la sua corretta applicazione, che il fondo crediti di dubbia esigibilità ed il fondo anticipazione di liquidità siano entrambi correttamente allocati nella “parte accantonata” del risultato di amministrazione, non potendo, altrimenti realizzarsi alcun utilizzo della quota del fondo anticipazioni per il fondo crediti.

Queste Sezioni riunite hanno, peraltro, già chiarito che l’accantonamento del fondo anticipazioni di liquidità “ha come funzione, non il finanziamento del disavanzo”, come dichiarato dall’Ente a pag. 20 del ricorso, “bensì impedire un incremento della capacità di spesa mediante la sterilizzazione degli effetti delle anticipazioni di liquidità riscosse in entrata” (Sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in speciale composizione, sentenza n. 26/2016/EL).

Ad avviso di questo Giudice, pertanto, la detrazione dal maggiore disavanzo da riaccertamento della quota afferente il fondo anticipazioni di liquidità, qualificata alla stregua di un vincolo attribuito dall’Ente stesso, si palesa apertamente illegittima poiché comporta un’alterazione del maggior disavanzo di amministrazione che risulta di fatto finanziato in via diretta mediante l’utilizzo di risorse di cassa finalizzate al pagamento di debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati e comporta un ampliamento illegittimo della capacità di spesa.

Come ribadito dalla Consulta, deve escludersi la possibilità di utilizzare l’anticipazione di liquidità come componente attiva degli aggregati che confluiscono nel risultato di amministrazione poiché la contabilizzazione dell’anticipazione non può essere disciplinata alla stregua di un mutuo atteso che è l’intera somma “sterilizzata” ad essere iscritta tra le passività (Corte Costituzionale, sentenza n. 89/2017).

Appare, quindi, evidente che l’anticipazione di liquidità di €. 9.025.527,42 costituendo, come chiarito dal Giudice delle Leggi, una posta da iscrivere tra le “passività”, non poteva essere sottratta dal disavanzo generando una riduzione dello stesso e che conseguentemente non appare conforme a legge la suddivisione in quote di ripiano trentennali di €. 73.052,71.

La censurata illegittima detrazione dell’anticipazione di liquidità dal maggior disavanzo e le gravi irregolarità contabili e violazioni di legge rilevate da queste Sezioni riunite finiscono, quindi, anche per alterare l’esatta determinazione del maggior disavanzo da riaccertamento straordinario, i risultati contabili successivamente intervenuti e gli equilibri dei bilanci futuri.

4.3 Il Comune ricorrente contesta, inoltre, le valutazioni della competente Sezione regionale che ha osservato, sulla base del parere della Commissione Arconet del 1° luglio 2015, che l’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, non poteva produrre effetti sul disavanzo straordinario.    

Ad avviso di questo Giudice, tale aspetto non appare pienamente conferente per la risoluzione della questione poiché, dalla più volte richiamata deliberazione consiliare n. 23/2015, è emerso che il Comune di Locri, pur menzionando l’applicazione dell’art. 2, comma 6, del D. L. n. 78/2015, ha qualificato l’accantonamento al fondo anticipazioni di liquidità che avrebbe dovuto costituire per sterilizzare l’entrata per cassa delle anticipazioni alla stregua di un vincolo attribuito dall’Ente da poter eliminare in sede di ripiano del maggior disavanzo.

Inoltre, queste Sezioni riunite hanno già avuto modo di precisare la necessità di una corretta quantificazione del fondo crediti di dubbia esigibilità (Sezioni riunite, in sede giurisdizionale, in speciale composizione, sentenza n. 26/2016/EL) che costituisce uno dei pilastri della contabilità armonizzata (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 33/SEZAUT/2015/INPR) e che, invece, nella fattispecie in esame, presenta, alla medesima data del 1° gennaio 2015, notevoli differenze di importo tra la deliberazione di Giunta n. 51/2015 e la delibera di Consiglio comunale n. 23/2015.

Le violazioni di legge e le gravi irregolarità contabili nelle quali è incorso l’Ente nelle operazioni di avvio del processo di armonizzazione contabile e la situazione di incertezza dell’ammontare di poste contabili particolarmente rilevanti, quali il maggior disavanzo ed il fondo crediti di dubbia esigibilità, non possono che confermare il giudizio di non congruità ed inattendibilità del piano di riequilibrio reso dalla competente Sezione regionale.

Deve, inoltre, reputarsi assorbita la domanda cautelare proposta dal ricorrente posto che, ai sensi dell’art. 243 quater, comma 5, secondo periodo, del D.lgs. n. 267/2000, la proposizione del ricorso sospende le procedure esecutive, intraprese nei confronti dell’Ente, sino alla decisione.

Pertanto, sulla base di tutte le argomentazioni che precedono, queste Sezioni riunite ritengono che il ricorso del Comune di Locri in quanto infondato deve essere respinto e quindi, per l’effetto, deve ritenersi confermata la deliberazione n. 13/2017 della Sezione regionale di controllo per la Calabria.

Le spese di sentenza seguono la soccombenza.

Rilevato, infine, che, allo stato attuale, risulta sospesa, la procedura di dissesto guidato, avviata dalla Sezione regionale di controllo per la Calabria ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 149/2011 ed essendosi oramai realizzata una delle condizioni contemplate dal comma 7 dell’art. 243 quater del Tuel quali il diniego di approvazione del piano, la predetta procedura dovrà riprendere il suo corso, ma non potranno rinnovarsi i passaggi procedimentali già definiti, come chiarito dalla Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 1/SEZAUT/2013/QMIG.

P. Q. M.

La Corte dei conti – Sezioni riunite in sede giurisdizionale a speciale composizione, respinge il ricorso in epigrafe.

Le spese della sentenza a carico della parte soccombente.

Dispositivo letto in udienza.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 aprile 2017.

Il relatore

Il Presidente

Stefania Petrucci

Alberto Avoli

Depositata in Segreteria in data 29 maggio 2017

Il Direttore della Segreteria

Maria Laura Iorio

 

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