Gippi Rondinella, tra i pionieri del tatuaggio, ospite a Martone

Gippi Rondinella, tra i pionieri del tatuaggio, ospite a Martone

Antonio Labate

 

Gippi Rondinella è stato ospite dell’Old church tatoos di Martone gestito da Renzo Calvi prima di recarsi alla convetion di Reggio Calabria che si è tenuta il 5 ed il 6 di Aprile. Per chi non lo conoscesse Rondinella è uno dei pionieri del tatuaggio in Italia, da cui è partito aprendo il suo negozio a Roma nel Febbraio 1986, qualche mese dopo Gianmaurizio Fercioni, dunque tra i primi in assoluto nella nostra nazione. Rondinella, fin dalle prime battute, fa capire che è una persona molto schietta e che non si sente una icona ma si autodefinisce solo un “vecchio” tatuatore. «Sono stato uno dei primi – esordisce – solo perché ho un’età, quando ho iniziato eravamo davvero in pochi adesso invece siamo diventati in troppi». Una affermazione che fa capire quale sia il suo modo di intendere il mondo del tatuaggio a cui non lesina critiche. «Adesso ci sono più tatuatori che tatuati, siamo all’esagerazione perché siamo passati dai tempi in cui erano in pochi a farlo al tutti tatuati perché se non lo fai non sei nessuno, che mi sembra una cosa che non funziona. Adesso quando vedo persone con un tatuaggio la prima cosa che mi viene da dire è perché lo hai fatto? Una volta farselo aveva un significato, era proiettare sulla pelle un ricordo, una storia, un momento buono o cattivo, adesso la gente si tatua senza pensarci due volte. Il risultato è che puoi trovare quello che abita in Trentino che si tatua sulla schiena “the sailors grave”, un disegno che facevamo i marinai che riuscivano a salvarsi dal naufragio, non ha senso. Oggi purtroppo il tatuaggio è diventato un abbellimento, però questo modo di fare ha portato a far emergere una nuova figura ovvero quelli che li rimuovono e questa non è una cosa positiva. Poi siamo arrivati all’esagerazione quelli che si tatuano in punti supervisibili come le mani e la faccia tipo i chicanos, ma non lo siamo, e come questo ci sono altri esempi. Oggi, pare strano dirlo, ma il numero dei tatuatori supera quello dei tatuati, ci sono scuole che in tot numero di ore ti insegnano a diventare tatuatore, quando sono arrivate introno al 2000 io ho deciso di smettere perché il corso non l’ho fatto e non perché sono più bravo degli altri ma perché trovo che sia una cosa fuori luogo. Io 20 anni fa spiegai alla Asl di Roma quali erano i requisiti per aprire uno studio, dopo dovevo fare il corso e gli esami alla Asl per fare quello che gli avevo detto io. Oggi ci si tatua in maniera compulsiva, più ne ho più valgo, a mio modo di vedere dovremo essere noi a dire no valutando caso per caso e tatuaggio per tatuaggio». Rondinella conosce bene la storia del tatuaggio in tutte le sue evoluzioni: «Negli anni 50 i tatuatori erano degli strani personaggi e avevano un certo tipo di clientela, marinai, muratori, macellai gente più spontenea. Poi in una seconda fase è diventato un mercato diverso il tatuaggio piaceva ma non c’era chi lo faceva successivamente sono aumentati i tatuatori e anche la gente comune ha potuto farlo. Ora siamo nell’era dei social puoi trovare tanti miei colleghi che pubblicano, io sono delle vecchia scuola o un profilo ma non pubblico niente del mio lavoro». In chiusura gli abbiamo chiesto una battuta su questo suo viaggio in Calabria tra Martone e Reggio Calabria: «Non è la mia prima volta a Reggio Calabria, vengo sempre con piacere soprattutto perché gli organizzatori sono gentilissimi e ho piacere a venire al Sud anche perché i miei nonni erano uno di origini lucane e uno pugliese, poi il meridione è un’altra storia. Anche a Martone mi sono trovato benissimo, ho incontrato persone squisite e ho assaggiato ottimi cibi, adesso vivo in Vietman ma se mai dovessi lasciarlo sceglierei o il sud Italia o la Tunisia». 

 

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