Sondaggio sulle sensazioni dentro la pandemia. Una prima analisi dei dati

Sondaggio sulle sensazioni dentro la pandemia. Una prima analisi dei dati

“C’era due volte la televisione”. Recitava così la prima pagina di “7”, inserto del Corriere della Sera, lo scorso 17 aprile.

Sottolineo “venerdì 17 aprile” perché, nel fluido apparentemente lento di questa pandemia, anche le date stanno diventando decisive. Di ora in ora vanno cambiando scenari, speranze, preoccupazioni e desideri di ciascuno. E stiamo cambiando noi nella visione dell’immediato e del futuribile. Un giorno non equivale più all’altro, nonostante in molti abbiano già perso la cognizione del tempo che passa.

Non siamo più quelli dello scorso 9 marzo, ad esempio. E anche il 2 aprile eravamo diversi da come ci mostriamo oggi. Le percezioni della crisi sono mutate all’improvviso. E il domani si propone come una sfida dal gusto indefinito. E per questo intrigante e ansiogeno.

Nessuno canta più dai balconi, e in pochi sono rimasti a “panificare” in diretta Facebook. Ora sono altri i sentimenti che hanno preso il sopravvento. Adesso le priorità rimandano ad altri concetti, più vitali ed estremi.

Ma dicevo, il 17 aprile scorso, una rapida lettura dei quotidiani offriva, tra i tantissimi altri, anche il titolo “C’era due volte la televisione”. Un respiro lento tra vortici di aria caldissima nell’esplosione intempestiva della primavera.

Per me, appiccicato al sito di Radio Venere per seguire in tempo reale l’evolversi del sondaggio proposto sulle “sensazioni dentro la pandemia” (clicca qui per vederlo) uno spunto di riflessione in più. Ma, soprattutto, un termine di confronto rispetto ai risultati acquisiti fino a quel momento.

A poche ore dalla fine della rilevazione, avvenuta alle ore 11,00 di sabato 18 aprile, ecco il primo fotogramma dall’Italia del virus: tra i mezzi adibiti a fornire informazioni, il 43% del campione sondato dice di fidarsi della televisione. A seguire, il web con il 27,9%, mentre i giornali e le radio non collezionano insieme il 30%. Numeri, si dirà. Dati che fotografano un momento specifico, frastagliato da abitudini, imprevisti, contingenze.

Di sicuro, però, quel titolo di “7” dà una scossa. Perché coincidono le percezioni di chi scrive da “altrove” e quelle di chi “scruta” da qui e ora. Una connessione su larga scala che fomenta la necessità del dato.

In quattro giorni di rilevazione, sono stati 828 i questionari compilati on line (ulteriori 64 sono pervenuti via e-mail). A sottoporsi al sondaggio, soprattutto giovani della fascia 26 – 40 anni: il 53,2% (di cui il 51,5% in possesso di una laurea).

Diciotto le regioni coinvolte nell’iniziativa, con una capacità di penetrazione acquisita davvero soddisfacente per una radio locale: Nord (13,6%), Centro (10,5%), Sud (75,9%).

402 le donne che hanno risposto alle nostre domande; 426 gli uomini.

In generale, una mappa interessante per avviare un’analisi maggiormente strutturata nell’immediato futuro (ed è questo il nostro progetto!) Ma anche, un primo termometro di quello che “bolle in pentola”, nell’Italia profonda e costretta a convivere con se stessa tra quattro mura.

Cosa sappiamo oggi, dunque?

Anzi tutto, che per gli italiani (62,9%) l’inizio della crisi è stato mal compreso. In molti hanno sottovalutato l’evolversi di quanto in febbraio si registrava a Codogno. E per l’84,7% c’è ancora troppo menefreghismo in giro per le strade (a quasi due mesi di distanza…).

Per il nostro campione, il Governo non ha agito tempestivamente (61,9%) per arginare il contagio del virus, ma ha comunque dimostrato polso fermo con le misure adottate nel mese di marzo (63,9%), che non sarebbero per niente eccessive (86,1%).

Sul fronte informazione, la televisione resta il medium preferito dagli italiani, anche alla luce delle particolari condizioni in cui ci si trovare a fruire dell’informazione quotidiana (da casa, dal divano in particolare). Va rilevato, però, che solo il 37,6% considera la “comunicazione” nel suo complesso all’altezza di questa sfida.

Ma la gente cosa pensa della sanità? Qui il dato resta in equilibrio, con ovvi distinguo tra aree del Paese. A ogni modo, il 45% del campione ritiene il SSN all’altezza della sfida; mentre solo il 20,5% considera positivamente il SSR.

E veniamo alle sensazioni. Ad esplodere, questionario dopo questionario, è la paura (50,4%), per un cambiamento dato per certo sia in campo economico (87,9%) che sociale (69,2%), ma non ancora comprensibile nelle sue estreme conseguenze.

Aumenta il timore di una recessione capace di travolgere tenori e stili di vita, ma all’ansia (26,8%) per quanto potrebbe accadere nel prossimo futuro e alla sfiducia (21,4%), si accosta la speranza (34,4%) per una reazione collettiva del Paese e del sistema vivo della comunità nazionale.

In questo quadro, con le Istituzioni oggetto di analisi costante e di ondate di contestazioni più o meno significative, resta solido il carisma di Papa Francesco in questo periodo di difficoltà sociale, economica e sanitaria. Se solo il 38,5% del campione vede nella Chiesa un approdo solido per il superamento della fase critica, il 63,8% ribadisce la vicinanza profonda al Pontefice.

I dati completi della rilevazione verranno pubblicati nei prossimi giorni sul sito di Radio Venere. Una parte - quella espressamente qualitativa riguardante parole e colori - sarà invece oggetto di un approfondimento ulteriore che andrà a sondare gli umori di quanti hanno deciso di lasciare il numero di cellulare in calce al sondaggio.

Un’ultima considerazione destinata a chi ha supportato e supporterà in futuro questa iniziativa: Grazie!

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