Operazione SAGGEZZA La "corona" delle 'ndrine sugli appalti

Operazione SAGGEZZA La "corona" delle 'ndrine sugli appalti

Ci sono più di 100 indagati nell'inchiesta “Saggezza” che ha portato all'arresto di 37 persone ritenute affiliate alle cosche della Locride. In tutto sono 39 le ordinanze di custodia cautelare in carcere firmate dal gip su richiesta del procuratore Ottavio Sferlazza, dell'aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Antonio De Bernardo. In manette è finito anche l'ex presidente della Comunità montana “Aspromonte orientale” Bruno Bova. Stando all'impianto accusatorio, gli indagati avrebbero condizionato gli appalti pubblici con una concorrenza sleale grazie al controllo, diretto o indiretto, di imprese edili e movimento terra oltre a condizionare il libero esercizio di voto, ad esempio, l'elezione del presidente della comunità montana. Il blitz è stato eseguito all'alba dai carabinieri del Comando provinciale e del gruppo Locri, con l'ausilio dei Cacciatori di Vibo Valentia. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa, all'estorsione, passando per il porto abusivo d'armi, l'usura, l'illecita concorrenza per il condizionamento di appalti pubblici, la minaccia, l'esercizio abusivo del credito, la truffa, il furto di inerti e l'intestazione fittizia di beni. I dettagli dell'inchiesta sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa durante la quale il procuratore Sferlazza ha sottolineato che uno degli aspetti più interessanti «emerso dalle intercettazioni telefoniche e ambientali è la struttura organizzativa “Corona” che raggruppa i cinque locali di Antonimina, Ardore, Canolo, Ciminà e Cirella di Platì. Una sovrastruttura guidata dal boss Vincenzo Melia, dai capi consiglieri Nicola Nesci e Nicola Romano, e dai consiglieri Giuseppe Varacalli e Giuseppe Siciliano. Si tratta di una 'ndrangheta che presenta delle connotazioni di sacralità». «Questa indagine – ha ribadito il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – è stata resa possibile dalla capillare distribuzione dei carabinieri nel territorio. Pensate che quest'inchiesta è nata grazie al lavoro delle piccole stazioni dell'Arma. È la prima volta che sentiamo parlare di “Corona” che è una struttura di 'ndrangheta. Dobbiamo capire ancora come questa “Corona” si rapporta con il Crimine di San Luca e, soprattutto, con il mandamento jonico. Un dato di fatto è che, negli anni, non sono emersi conflitti e questo ci fa capire come il vincolo che cementa gli affiliati sono le regole. All'interno di ogni locale, infatti, ognuno è libero di fare affari. La “Corona” serve a non creare faide, guerre e conflitti. Non è un caso che, in questo territorio non ci sono morti di 'ndrangheta da 25 anni».
«Molti colleghi e molti studiosi – ha concluso Gratteri – si sono affrettati a sostenere che la 'ndrangheta al Nord si era sganciata da quella della provincia di Reggio, ma si sbagliavano». L'operazione "Saggezza", secondo gli investigatori, ha consentito  agli inquirenti di individuare anche gli interessi economici e societari riferibili agli indagati, e in particolare le attività economiche attraverso le quali avrebbero conseguito i profitti illeciti, accertando anche ipotesi di condizionamento degli appalti pubblici. Le famiglie, stando all'impianto accusatorio della Dda, avevano la gestione ed il controllo diretto e indiretto di attività economiche anche nel taglio boschivo in località aspromontane, oltre a un circuito di usura ed esercizio abusivo dell'attività di credito. L'inchiesta ha portato al sequestro, inoltre, di quattro imprese attive nel settore edile e del taglio boschivo: un patrimonio immobiliare che, secondo la stima degli investigatori, ha un valore complessivo di un milione di euro. La struttura della “Corona” era piuttosto chiara. Vi era un “capo corona” che nel periodo in cui sono state svolte le indagini era sicuramente identificabile in Vincenzo Melia, anziano uomo d’onore in possesso delle “doti” sin dal 1962 e in grado di decidere, come tutti i capo mafia di alto spessore criminale, senza dover dare conto a nessuno delle proprie azioni, affiancato dai due “capi consiglieri”, Nicola Romano e Nicola Nesci, quest’ultimo individuato quale “capo locale” di Ciminà e legato anche da vincoli di parentela alla cosca Spagnolo, coinvolta qualche anno fa nell'inchiesta “Stupor mundi” che ha svelato un traffico internazionale di cocaina.
Nella serata di martedì si è consegnato ai carabinieri di Locri Rosario Barbaro (classe '40), una delle persone indagate nell'inchiesta "Saggezza". Rimane latitante Luigi Varacalli ('41).

fonte corrieredellacalabria

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