E se...Gratteri fosse il nuovo Ministro della Giustizia

E se...Gratteri fosse il nuovo Ministro della Giustizia

La domanda alquanto provocatoria e suggestiva è stata lanciata del giornalista di “Presa Diretta”, Riccardo Iacona, durante la trasmissione dello scorso Lunedì, alla quale ha partecipato il Procuratore Aggiunto del Tribunale di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. Il magistrato, dopo aver eloquentemente “smascherato” i segreti della ‘ndrangheta, soffermandosi soprattutto sulle logiche economiche che la governano e gli intrecci che la stessa intrattiene con il mondo politico, e dopo aver portato alla luce le tante problematiche inerenti il mal funzionamento della giustizia italiana che non permette un efficace azione di contrasto nei confronti della criminalità organizzata, è stato preso di sobbalzo dalla domanda del giornalista di Rai Tre, rilanciata addirittura su Twitter con un hashtag apposito: Nicola Gratteri ministro della Giustizia. Una provocazione, certo! Un’utopia, un sogno poetico, “un’adynaton” per dirla alla Greca, che, purtroppo, non prenderà mai carne, soprattutto se si getta uno sguardo sui presupposti con i quali sta nascendo questo nuovo Governo targato Matteo Renzi, ma con, in cabina di regia, il solito vecchio volpone di Arcore.

Il magistrato calabrese, tuttavia, già membro della Task Force dell’ormai precedente Governo Letta per l'elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata, non si è affatto smarcato rispetto alla domanda-provocazione e ha affermato : “Se avessi la certezza di poter fare le cose che ho detto e che servono, accetterei!

Certo farebbe un po’ effetto vedere a Palazzo Piacentini una persona come Gratteri, sempre in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta sul territorio reggino, un magistrato assetato di giustizia perché amante della stessa, autore di libri molto forti e compromettenti come Fratelli di Sangue, La Malapianta e, l’ultimo, Acqua Santissima; un uomo costretto ad usufruire della scorta per sé e per la sua famiglia perché più volte minacciato di morte. Ecco non sarebbe il solito “ministruculo” da quattro soldi, arrivato a rivestire quell’ufficio solo perché baciato da madre sorte. Il Ministero della Giustizia, ricordiamolo, è uno dei dicasteri della Repubblica Italiana più importanti anche perché il Guardasigilli, come viene anche chiamato il titolare dell’ufficio, proprio perché custode del sigillo dello Stato, svolge delle funzioni particolarmente importanti e sensibili per garantire il buon funzionamento della macchina statale. Senza perderci in troppi tecnicismi di diritto pubblico, è chiaro a tutti ed è lampante il problema dello scarso funzionamento della giustizia penale italiana, problema risolvibile solo attraverso riforme strutturali tese a contrastare il fenomeno mafioso, che, a dispetto di quanto asserito da qualcuno, non è un problema circoscritto al Mezzogiorno Italiano, ma riguarda tutta la nostra penisola e il mondo intero, perché la ‘ndrangheta si trova e opera ovunque!

Gratteri alla Giustizia, quindi, rappresenterebbe una speranza di risoluzione del fenomeno mafioso non solo dal punto di vista repressivo - coattivo, ma anche e soprattutto dal punto di vista legislativo. E’, infatti, dal quel fatidico 1982, anno in cui venne promulgata la legge Rognoni-La Torre, che introduceva il reato di associazione mafiosa e una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi, che l’attenzione reale del legislazione in tema di criminalità organizzata si è affievolita fino a scomparire del tutto. E ciò si è verificato a causa dei “governacci” che si sono succeduti in questi anni, incapaci di far fronte al problema “mafia”, ma soprattutto a causa degli oscuri intrecci esistenti ormai da tempo tra politica, mafia, massoneria e gerarchie ecclesiastiche deviate, insomma quella zona grigia del nostro Stato che non fa dell’Italia un Paese trasparente, bensì un Paese sempre più incline ad intrighi di potere.

E Nicola Gratteri con la sua innegabile trasparenza e incorruttibilità potrebbe rappresentare, se non la soluzione a tutti i problemi italiani, almeno una svolta, un cambiamento, un inizio di un qualcosa di nuovo, di bello, che potrebbe riaccendere la speranza nei cuori di chi l’ha persa e animarla ancor di più in quelli di chi ancora la conserva. Una speranza, soprattutto, per tanti giovani calabresi, costretti, ahimè, a scappare dalla loro realtà sociale per non essere inghiottiti dal vortice della ‘ndrangheta, che opprime, distrugge, violenta, uccide, calpesta la dignità dell’essere umano e toglie la speranza di un futuro migliore.

di Emanuel Rodi

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