Crioconservazione per preservare la fertilità

Crioconservazione per preservare la fertilità

Giovani donne rischiano di veder compromessa la possibilità di procreare. Con la crioconservazione - sostengono gli esperti - molte di loro hanno la speranza di diventare future mamme.

“La menopausa precoce, illustra Alberto Revelli, docente di Fisiopatologia della Riproduzione umana e tecniche di Fecondazione Assistita dell’Università di Torino,  nonché autore del recente successo ottenuto al Sant’Anna di Torino, dove è nata la prima bambina dopo trapianto autologo di tessuto ovarico crioconservato -  è una patologia in costante aumento, sia per cause genetiche o autoimmuni sia, in particolare, per l’effetto indesiderato di terapie chemioterapiche o radiologiche finalizzate alla cura di tumori o di gravi malattie internistiche”.

“Una delle conseguenze della chemioterapia è il danno indotto sulle cellule uovo, presenti nelle ovaie in numero limitato e non in grado di moltiplicarsi ulteriormente. Il danno agli ovociti risulta quindi irreparabile ed i farmaci chemioterapici con effetto tossico sulle ovaie causano nella maggioranza dei casi menopausa precoce o infertilità incurabili”, spiega lo studioso.

Di fonte dunque a situazioni di infertilità causate da chemioterapie o menopausa precoce, il professor Alberto Revelli e il suo staff hanno dato vita, sin dal 1997, presso il Dipartimento universitario di Discipline Ginecologiche e Ostetriche dell‘ospedale Sant’Anna di Torino, al progetto Fertisave finalizzato alla preservazione della fertilità.

A tal proposito lo studioso ricorda la recente vicenda del capoluogo piemontese dove “la neomamma, affetta da una forma di beta talassemia per la quale all’età di 21 anni é stata sottoposta a un  trapianto di midollo osseo da donatore familiare che richiedeva una preventiva chemioterapia ad alte dosi. Prima della chemioterapia, che l’avrebbe certamente resa sterile, la paziente è stata sottoposta a chirurgia laparoscopica nel corso della quale sono state eseguite biopsie ovariche multiple. Il tessuto ovarico prelevato, ricco di ovociti, è stato immediatamente congelato e crioconservato in azoto liquido per circa 8 anni. La tecnica applicata, (tuttora sperimentale ed all’avanguardia nel 2003), ha offerto alla paziente una possibilità di gravidanza futura. Dopo il trapianto di midollo osseo e la chemioterapia la paziente è entrata in menopausa, accusando sintomi tipici ed è stato poi necessario impostare una terapia ormonale sostitutiva con estrogeni e progesterone” spiega Alberto Revelli. “Quando -  continua lo studioso - la paziente ha chiesto di poter scongelare il proprio tessuto ovarico e di ritrapiantarlo per poter ricercare una gravidanza, è stata sottoposta a due interventi chirurgici laparoscopici con cui si è ritrapiantato il suo stesso tessuto ovarico, conservato in azoto liquido per otto anni. E’ stato il primo intervento di questo tipo eseguito in Italia. Dopo il trapianto - chiosa il professor Revelli -  la paziente ha potuto sospendere la terapia ormonale senza accusare i sintomi della menopausa e a tre mesi dall’intervento è ripreso spontaneamente il  ciclo mestruale. Trascorso poi  un anno la donna è rimasta incinta spontaneamente e dopo una gravidanza regolare, il 15 marzo 2012 ha partorito con taglio cesareo una bambina”.  A dicembre 2011 l’equipe di Torino ha effettuato un altro autotrapianto di tessuto ovarico crioconservato in una paziente trattata alcuni anni fa con chemioterapia ad alte dosi per un linfoma di Hodgkin; il monitoraggio ormonale indica che il tessuto ha attecchito e la paziente ha avuto in questi giorni il primo ciclo mestruale spontaneo.

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